Lo ammetto, questo articolo non era in programma. Se mi trovo qua a scriverlo è perché l’idea mi è venuta in seguito a uno scambio di commenti su Facebook, a proposito del Quorn. Ho pensato che fosse un topic interessante da trattare, soprattutto dopo il dibattito che si è sollevato qualche settimana fa in merito ad Alpro e alle sue (confuse) scelte di marketing, dibattito che forse ha lasciato il segno in più di una persona.
Quando è scoppiato “il caso Alpro“, ero stata molto tentata di far scattare il paragone con Quorn, per far capire meglio cosa mi avesse delusa in tutta la faccenda. Poi mi sono fermata, ho analizzato le due casistiche e mi sono detta “no, questo paragone non calzerebbe, perché trattasi di due brand caratterizzati da missioni differenti“.
Se oggi come oggi, rispetto a tre anni fa, mi sento libera di poter parlare tranquillamente di Quorn, è perché ormai non è più un marchio sconosciuto, neppure in Italia; è pur vero che, come ho sempre detto, non lo vedremo mai nei supermercati (salutisti, dormite sonni tranquilli!), ma è anche realtà il fatto che risulti acquistabile online perfino da noi. Quindi, bene o male, sapete tutti di cosa sto parlando, e questo mi dà l’opportunità di allargarmi a orizzonti finora sconosciuti.
Quando Alpro UK ha caricato sul suo canale YouTube il video con i quattro giganteschi hamburger di manzo, io, come molti altri vegani, avevo inquadrato la questione come poco rispettosa. Ad oggi, come ho ripetuto in lungo e in largo, non ritengo di essere stata eccessiva nella mia reazione, tant’è che alla fine l’azienda stessa ha deciso di rimuovere quel video, perché giudicato non in linea con la propria immagine. L’amarezza era legittimata dal “piccolo” dettaglio che Alpro, a cui vi ricordo appartiene anche Provamel, si è sempre posto come un marchio dall’alone fortemente etico. Sarà anche vero che, come mi hanno scritto, non si sono mai dichiarati esplicitamente veg*, proponendo per 2/3 una dieta a base di prodotti vegetali e per 1/3 a base di prodotti animali, ma il loro impegno nei confronti della salute dell’uomo, del pianeta e degli animali è continuamente sventolato in ogni dove, a partire dal loro payoff “Enjoy Plant Power“, per non parlare di tutti i contenuti che troviamo scritti sulle loro confezioni, sul loro sito, sui loro social e nelle loro adv. Insomma, l’immagine marketing di un brand che parla di potere delle piante, di impatto ambientale ridotto, di “no OGM”, etc non andava a braccetto con i mega hamburger che avevamo visto in quel video.
Avevamo quindi il diritto di lamentarci, di fargli notare che stavano prendendo lucciole per lanterne, che quella mossa li avrebbe danneggiati, minando la fiducia di noi affezionati consumatori. E, alla fine, abbiamo “vinto”.
Diversa è la questione per Quorn.
Ciò che mi ha fatto scattare la molla per scrivere questo articolo è stato rendermi conto di come le diciture scelte dal brand inglese per i suoi prodotti possano impressionare i vegetariani in maniera negativa (soprattutto vista la spaventosa somiglianza del loro sapore con quello della carne vera).
Battezzare uno dei tanti surrogati Quorn con il nome “Chicken Nuggets” (“bocconcini di pollo“), anziché un più tranquillo “Chicken-style Nuggets” in effetti è una scelta forte, e nel vegetariano sensibile può destare più di una perplessità. Il punto è che, in questo caso, pur comprendendo le ragioni del “disturbo”, non avremmo (purtroppo) il diritto di scrivere ai signori Quorn e accusarli di mancarci di rispetto, come era successo per Alpro.
E’ vero, Quorn gode dell’approvazione della Vegetarian Society, ma la differenza rispetto all’azienda belga è che non hanno mai, e dico mai, promosso discorsi etici sulle loro confezioni, né sui loro social, né sul loro sito, né tanto meno in televisione. Questo perché il loro target di riferimento non sono i vegetariani, ma gli onnivori. La loro missione non è di stampo etico, ma salutistico. Per questo motivo i loro testimonial sono sempre stati famosi atleti inglesi (onnivori), e per questo motivo la loro filosofia è sempre stata orientata a un’alimentazione salutare. In sostanza, quello che propone Quorn è: noi vi diamo un perfetto sostituto della carne, buono quanto la carne, proteico quanto la carne, ma, a dispetto della carne, privo di grassi saturi e ipocalorico, così potete evitare di ingrassare e dare una mano al colesterolo cattivo. Questa è la promessa di Quorn.
Come ho detto altrove, il problema dell’alimentazione in UK (e in tutti i paesi del Nord Europa in cui viene venduto, per non parlare degli Stati Uniti) è molto sentito, perché la gente non gode di una buona educazione alimentare, come accade da noi. Ecco perché Quorn si rivolge in primis agli onnivori, facendo leva sul fatto che i suoi prodotti sono validi “cloni” della carne, ma senza tutti quei lati negativi per cui la carne è famigerata. E questa è anche la ragione per cui all’azienda inglese non interessa adottare per i propri articoli nomi che siano meno d’impatto: il loro scopo è renderli appetibili agli onnivori, che sappiamo essere alquanto recalcitranti quando si tratta di sostituire la carne con qualcosa che le somigli…
Intendiamoci, non che dei vegetariani a Quorn non freghi niente eh, anzi, ovviamente l’azienda ha piacere che i suoi prodotti siano popolari e apprezzati anche fra chi ha scelto il vegetarismo, diciamo solo che non è sua priorità curarsi della “sensibilità” dei vegetariani. Facciamo che chiudiamo un occhio!
Tra l’altro, la cosa bella dell’attuale situazione in Italia, è che i prodotti Quorn sono accessibili solo a chi è realmente interessato, concedendo al consumatore il totale potere d’acquisto, evitando così le famose polemiche su larga scala.
Per concludere, parlando strettamente in termini di marketing, fra i due brand quello che ne esce vincente è decisamente Quorn, sia perché, fin dai suoi albori, è sempre rimasto coerente con l’immagine che di sé ha proposto, sia perché ha praticamente realizzato quello che Alpro sta desiderando con tutto il suo cuore: conquistare sia i consumatori vegetariani, che quelli onnivori. Insomma, Quorn ha un piede in due scarpe, e ci sta parecchio comodo; Alpro, invece, arranca, e purtroppo, a volte, inciampa in mosse non troppo azzeccate. Fossi il direttore marketing di Alpro, probabilmente assolderei una squadra di ninja e darei il via a uno spionaggio industriale senza esclusione di colpi, ce ne sarebbero di segreti da carpire!
Spero che abbiate trovato questo confronto interessante, e magari anche chiarificatore! Ovviamente, come al solito, sono ben accetti pensieri e opinioni in merito, qua nei commenti, su Facebook, su Google+… everywhere!
Alla prossima!