Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei, pt VII: i reducetariani

Dite la verità, pensavate che questa appassionante saga fosse finita, vero? E invece no, cari miei. Più che a “Il Signore degli Anelli”, o a “Twilight”, “Dimmi come mangi e ti dirò chi sei” rimanda a “Harry Potter”, infatti siamo arrivati alla settima - e dico settima - parte. Perché ormai è demodé limitarsi a essere vegetariani, vegani o crudisti, meglio inventarsi qualcosa di nuovo ogni volta, giusto per rendere le cose più facili a tutti… no?
Proprio quando pensavo di aver, per lo meno momentaneamente, archiviato la faccenda delle strane correnti alimentari, ecco che la porta su di esse si è riaperta in modo inaspettato, grazie alla segnalazione di una fedele lettrice del blog (di cui non farò il nome, vista la sua timidezza :)).

L’ultima volta ci eravamo infatti imbattuti nel caso di Chris Schryer, che aveva fatto di virtù necessità, ossia aveva trasformato la sua passione per la birra in una vera e propria dieta per ben 40 giorni. Non so in che condizioni versi il fegato di quest’uomo, ma la questione era stata sufficientemente interessante da volergli dedicare un articolo.
Fuori dalla rubrica, avevo poi riportato la novità dei “vegetariani feriali” diffusa attraverso un TED Talk da tale Graham Hill, la cui proposta era quella di mangiare secondo un regime vegetariano durante l’intera settimana, per poi concedersi qualche extra da onnivoro nel weekend.
Ma accantoniamo queste casistiche ormai sorpassate, e diamo il benvenuto a quella nuovissima dei reducetariani!

reducetariani
Un uomo di nome Brian Kateman (ehi, quasi mio omonimo!), ricercatore alla Columbia University, ha coniato l’ennesimo terminone strano per delineare l’ennesima corrente alimentare, che, a parer mio, non è che sia poi così innovativa. Voglio dire, abbiamo fatto la conoscenza dei flexitariani, e poi dei “vegetariani feriali”. Questa dei reducetariani è una filosofia che mischia un po’ queste due alimentazioni, perché l’obiettivo, ancora una volta, è quello di ridurre il consumo di carne, pesce e latticini, ma senza risultare troppo drastica per chi sceglie di attenervisi. Diciamo che l’obiettivo finale è quello di tentare una graduale, quanto blanda conversione al veganismo, passando per un regime flexitariano. La grande differenza rispetto alle altre filosofie alimentari risiede nel fattore qualità. In soldoni, Kateman propone questo: non escludete del tutto la carne dalla vostra dieta, riducetene il consumo al minimo sindacale e, se proprio dovete mangiarne, che almeno sia di ottima qualità, così i rischi per la vostra salute e per l’ambiente saranno minori. Ah, molto importante: fatelo per 30 giorni. Se al passare di questo lasso di tempo non sarete soddisfatti, potrete tornare a scofanarvi bistecche e porchetta, non c’è obbligo alcuno. Ovviamente la speranza “basic” è quella che, invece, finiate con l’abbracciare felicemente questo stile di vita, mentre quella “advanced” è ritrovarvi vegani senza nemmeno accorgervene.

Non so, alla fine della fiera a me pare che Kateman non abbia proposto nulla di estremamente nuovo rispetto a ciò che viene già promosso dalla filosofia flexitariana, o da quello che diceva Graham Hill nel suo TED Talk. Certo, essere attenti alla qualità del cibo che mangiamo è molto importante, ma dovrebbe esserlo a prescindere dal tipo di regime alimentare che si sceglie di perseguire; quindi, anche qui, non una grande novità. Che poi non si sia obbligati a perseguire una determinata corrente, mi sembra quanto meno scontato! Diciamo che l’unica cosa che si è inventato di radicalmente nuovo è stato il termine “reducetariano”, che, eufonicamente parlando, non è nemmeno il top.

Cosa ne pensate di questa ennesima trovata alimentare? E, soprattutto, rispetto al flexitarismo e al vegetarismo feriale, in cosa potrebbe risultare migliore, o peggiore?
Fatemi sapere come la pensate lasciandomi un commento qui sotto o commentando l’articolo su Facebook! ;)

Alla prossima!

3 Commenti

  1. Articolo interessante. Credo che quasi tutti quelli che da onnivori passano al vegetariano / vegano attraversino una fase di “reducetariano”. Almeno, per me è così. Non sono ancor del tutto Vegan come mi piacerebbe, ma cerco comunque di evitare più che posso gli alimenti “carnivori”. Oggi, per esempio, per pranzo mia suocera mi ha preparato la “schiscéta”: ci ha messo dentro mezza porzione di gnocchi di patate al pomodoro, mezza porzione di insalata verde, mezza porzione di cipolle al forno e io mi sento la donna più felice sulla faccia della terra! :D

  2. a me tutte queste etichette paiono inutili..davvero, sembra che basti variare qualcosa nella propria dieta (a volte anche solo le “tempistiche”) per “rivoluzionare” il palato…

    Da domani pranzo al posto della merenda e mi definirò “pra””renda”riano u_u

    bellissimi i pensieri “basic” e “advanced” ahah :)

    • Ahah, “pra-rendariano” non suona mica male sai? Mi sa che fra poco chiederò a voi di inventare qualcosa, così potremo divertirci :)

      Sono sempre contenta quando apprezzate questi articoli ;)

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