venerdì 18 luglio 2014

INCI e biodizionario, questi sconosciuti

Ciao a tutti e buon venerdì!
Finalmente siamo giunti alla fine della settimana, un'altra volta!

Oggi ho pensato di parlarvi del famoso biodizionario. Sono certa che molte fra voi lo conoscano già, come sono certa che molte altre non sappiano assolutamente a cosa mi stia riferendo. Nonostante sia presente su internet da parecchi anni, il biodizionario non gode ancora di una popolarità stellare, come del resto non ne gode la parola "INCI".
INCI è l'acronimo di International Nomenclature of Cosmetic Ingredients, ossia la lista degli ingredienti che ogni prodotto cosmetico è tenuto a riportare sul retro o sulla scatola. Gli INCI elencano i propri componenti in ordine crescente, si va quindi dall'ingrediente con la percentuale maggiore (es. l'acqua) a quello con la percentuale minore (es. un conservante).
Ovviamente noi non siamo chimici, quindi non sappiamo di preciso quali ingredienti rendano valido o ecobio un cosmetico. Ecco quindi che ci viene in aiuto il biodizionario, che trovate all'url www.biodizionario.it.


Il bidizionario è, come da nome, un dizionario online dedicato alla classificazione degli ingredienti utilizzati nei cosmetici. Per ognuno di essi viene indicata la tipologia di appartenenza (troviamo i filmanti, i tensioattivi, gli emulsionanti, etc) e il grado di compatibilità con l'ambiente o con la nostra salute, indicato con pallini di tre colori (verde, giallo e rosso), che possono essere singoli o doppi a seconda di questo grado.
In genere, un prodotto che presenti solo pallini rossi (doppi o singoli) e gialli non è un buon prodotto, ma un insieme di roba chimica che verosimilmente avrà un alto impatto ambientale e che, probabilmente, ci provocherà brufoli o eventuali reazioni allergiche. Certo, potrebbe anche non farci nulla, dipende da soggetto a soggetto, ma il rischio c'è, mentre dal discorso inquinamento non c'è scampo in alcun modo. Diversamente, se un prodotto ha un gran numero di pallini verdi e solo qualcuno giallo, sarà un prodotto più “tranquillo”, anche se non è detto che non possa innescare reazioni di qualsiasi tipo (a me succede di continuo...).
Il biodizionario non vuole porsi come una Bibbia incontestabile che definisca la validità assoluta di un prodotto rispetto a un altro, è semplicemente uno strumento che consente un giudizio il più possibile accurato sull'insieme degli ingredienti. Come tutte le cose, bisogna saperlo leggere.

Un particolare che non sempre viene chiarito è che spesso i componenti con il pallino verde sono giudicati tali non in relazione al loro effetto sulla persona, ma in base della loro ecocompatibilità. Ovviamente vale anche l'inverso!
Quello che voglio dire è che non si deve finire con il divenire ossessionati da questa cosa dell'INCI, l'obiettivo è cercare di essere il più consapevoli possibile e operare le proprie scelte conoscendo gli eventuali effetti che si andranno a esercitare sull'ambiente e, naturalmente, su di noi.

Io cerco di consultare il biodizionario in modo responsabile, non sono stata travolta dall'onda “o verde o niente”, come è successo a molti. Diciamo che cerco di trovare dei buoni compromessi e di non andare mai in crisi per un singolo pallino rosso tra venti che sono verdi :)
E voi? Conoscevate il biodizionario oppure vi è nuovo? E come vi ponete nei suoi confronti? Intrasigenti o comprensivi?

Alla prossima!

giovedì 17 luglio 2014

Gli oli in cucina: vegetali sì, ma che differenza!

Buongiorno a tutti! 
La recensione di martedì sui cornetti integrali vegan di Nàttùra mi ha dato lo spunto per scrivere l'articolo di oggi, che spero serva a chi non è pratico di differenze fra ingrediente e ingrediente.

Soprattutto nell'universo vegan, quando un cibo non sfrutta grassi animali quali burro o strutto, vengono impiegati sovente oli vegetali, che vanno a donare morbidezza ed elasticità a qualsiasi cosa venga preparata, che si tratti di torte, biscotti o creme spalmabili (giusto per fare qualche esempio). Però c'è olio e olio, non basta che qualcosa sia vegetale per essere “giusta” e salutare in modo oggettivo. Certo, c'è sempre il discorso delle quantità: nessun olio porta alla morte istantanea, per carità, però, potendo scegliere, alcuni sono preferibili rispetto ad altri
Qui di seguito ho riportato gli oli più comuni che possono essere trovati tra gli ingredienti dei vari prodotti in cui ci imbattiamo al supermercato. Mi baso molto sulla mia esperienza e sulle informazioni reperite in giro! 

Olio d'oliva: l'olio d'oliva, oltre a essere il più pregiato, è di sicuro anche il più pesante. Eppure è il più sano, sotto molti punti di vista. Nei prodotti da forno salati è largamente usato, mentre nei dolci non viene impiegato spessissimo, proprio perché, come la sua consistenza, il gusto è marcato e riconoscibile. L'olio d'oliva (di cui la dicitura EVO sta per “extra vergine d'oliva”) rimane comunque il migliore per condire e cucinare, poiché molto saporito e caratteristico. Per cucinare sì, ma non sempre per friggere: nonostante si presti bene, la sua acidità lo rende a volte di difficile digeribilità, portando a preferire oli più neutri e leggeri. 

Olio di semi di girasole: assieme all'olio d'oliva e a quello di palma è l'olio maggiorente utilizzato sul mercato nella produzione di conserve, salse, condimenti e prodotti da forno come biscotti, cracker, croissant e merendine. Dal gusto neutro e non pesante, è indicato quasi in prevalenza per le fritture, che risultano dorate e leggere, mentre è sconsigliato per cucinare sughi o per condire verdure o insalate. Il suo rapporto qualità-uso-prezzo lo rende uno dei protagonisti più in vista della cucina vegan.

Olio di soia: è un olio abbastanza leggero, utilizzato soprattutto per salse e condimenti, nonché come componente per produrre margarine e burri. A volte lo si trova come emulsionante per le creme spalmabili alla nocciola vegan. Ottimo quindi per cucinare e ammorbidire dolci, assolutamente sconsigliato per friggere: risulterebbe addirittura tossico

Olio di riso: uno degli oli più sani e leggeri, questo olio è molto popolare in Asia, dove viene usato largamente per cucinare. Il suo sapore piacevole e delicato esalta soprattutto i cibi saltati in padella e si presta in egual modo a condimenti di vario genere. Ultimamente si sta espandendo anche in Italia, soprattutto grazie alla popolarità raggiunta dall'azienda del dottor Scotti :) 

Olio di palma: a dispetto delle sue note controindicazioni si rivela l'olio più popolare e utilizzato al mondo, perché di scarsa qualità e poco costoso! Lo potete trovare praticamente dappertutto, dalla Nutella alle fette biscottate, senza tralasciare il fatto che nella margarina la dicitura “oli vegetali” si riferisce proprio a lui. L'olio di palma ha due ottimi motivi per essere evitato, uno di ordine salutistico e uno di ordine etico. Il primo riguarda il fatto che, essendo saturo, favorisce l'insorgere di problemi di colesterolo a gogò. Il secondo è che, a causa dell'elevata produzione, molte foreste sono state rase al suolo (e vengono tuttora rase al suolo), un impatto notevole sull'ecosistema, oltre che sul mondo animale: migliaia di oranghi sono rimasti senza più una casa! Insomma, diciamo NO all'olio di palma! 

Olio di colza: assieme all'olio di palma andrebbe evitato, più che altro per motivi di salute. Non è un olio pregiato e presenta un alto contenuto di acido oleico, che proprio bene non fa. Basti dire che, in origine, l'olio di colza serviva per accendere le lampade, in seguito fu invece proposto per far carburare i motori. Solo più tardi fu introdotto nell'alimentazione umana, ma con molte riserve. per fortuna non è tra i più popolari, eppure ogni tanto lo si può trovare tra gli ingredienti dei prodotti (anche in quelli dei surrogati veg*!). 

Spero che questo post vi sia stato utile per capirci qualcosa in più, soprattutto in relazione al famigerato olio di palma. Degli amici americani una volta mi hanno chiesto cosa usassi per cucinare (noi italiani siamo sempre molto considerati da questo punto di vista): se devo cucinare sughi, condimenti et similia, l'olio EVO rimane il mio must. Per i dolci, l'olio di semi di girasole a freddo è quello che prediligo, per sapore neutro e leggerezza. 

Alla prossima! 

mercoledì 16 luglio 2014

Le piante sentono quando vengono mangiate: aiuto!

Ciao a tutti amici e amiche, buon giorno dell'ancora (come ho sentito definire il mercoledì una volta in un film, perché è centrale alla settimana)! 

L'articolo di oggi ha dell'incredibile e l'ho trovato per caso aggirandomi sul famoso sito/pagina Facebook “I fucking love science”, un portale dedicato a fatti scientifici curiosi e accattivanti, che non mancano mai di stupire, far sorridere o interessare. 
In particolare, quello trovato da me è assurdo e potrebbe solleticare le coscienze di noi vegetariani/vegani e, in generale, di tutti quegli esseri umani che hanno deciso di cibarsi di piante anziché di animali. 
Vi ricordate la celebre obiezione inerente le carote? Per chi non l'avesse presente (ma dubito che qualcuno ne sia all'oscuro) è così riassumibile: anche le carote soffrono, quindi anche voi siete assassini. Di solito chi è veg* (i fruttariani hanno la coscienza pulita invece, dato che le carote sono radici e non le mangiano) replica sostenendo che le piante, a differenza degli animali, non hanno un sistema nervoso tale da permettere loro di percepire la sensazione di paura che invece provano gli animali mandati al macello. E questo è ancora vero, le piante un sistema nervoso simile non ce l'hanno. In compenso, secondo l'articolo di cui sopra, le piante riescono a sentire (nel senso di udire!) il pericolo forte e chiaro e cercano di difendersi come possono, solitamente rilasciando agenti chimici che facciano desistere gli aggressori dal cibarsene. 
il bruco mangia la pianta! :P
L'esperimento ha coinvolto l'Arabidopsis thaliana nel suo essere vittima delle fauci di un bruco, animale che, di solito, si ciba volentieri delle sue foglie. La pianta avrebbe sentito le vibrazioni prodotte dalla masticazione del bruco e avrebbe cercato di rispondere all'attacco chimicamente. 

Da questo esperimento i ricercatori avrebbero dedotto che sì, in generale le piante sono in grado di sentire, di rendersi conto dei pericoli a cui sono esposte, e cercano di rispondere con il contrattacco chimico. Per esempio, sapevo già che questo discorso vale per la cipolla: il liquido che ci fa piangere è in effetti un metodo di autodifesa, perché in realtà non vorrebbe essere tagliata. E direi che funziona, si rende talmente sgradevole che spesso siamo costretti a rinunciare o riprendere il taglio in diversi momenti!

Questa cosa mi ha sempre fatta riflettere, ecco perché la filosofia fruttariana mi piace molto e vorrei un giorno arrivarci (anche se, ahimé, non è applicabile a 360°, il campo cosmetico risulterebbe a dir poco minato). Anche le piante vivono, seppur in modo silenzioso... voi come vedete questa cosa? L'articolo ha smosso in voi nuovi punti di vista? Riuscireste a essere fruttariani? 

Alla prossima! 

martedì 15 luglio 2014

Recensioni: cornetti integrali by Nàttùra

Buongiorno a tutti!
La recensione di oggi riguarda un prodotto che sono stata felicissima di trovare al supermercato settimana scorsa, l'avevo scritto anche su Facebook, creando non poca curiosità... peccato che mi sia ricreduta dopo poco! 

Si tratta dei cornetti integrali con crusca d'avena di Nàttùra, una marca distribuita in Italia dalla stessa società che gestisce anche Alpro, la Eurofood (lo so perché mesi fa li chiamati e loro mi hanno svelato alcuni altarini). Il prodotto di per sé ha intenti pregevoli, si tratta infatti di croissant vegan, completamente privi di burro, di uova e di qualsiasi altro grasso animale. E fin qua tutto ok direte voi. 
Presa dall'emozione di aver trovato un prodotto simile in un GDO (nel mio caso al Simply), e a un prezzo piuttosto contenuto (1,99 € per 160gr = 4 cornetti), non mi sono soffermata a leggere gli ingredienti, l'ho fatto solo una volta giunta a casa (non lo faccio mai!). E qua la mazzata! Al secondo posto ho trovato subito “olio vegetale” che include, udite udite, olio di palma e olio di colza, da leggere: il peggio del peggio! Degli oli parleremo meglio nel post di giovedì (che quindi vi caldeggio), per ora vi basti sapere che fra tutti quelli che potevano scegliere hanno preso proprio quelli da evitare

Se degli ingredienti non vi importa molto, vado avanti nel descrivere il prodotto: questi cornetti non sono poi granché. Sono a mio avviso troppo piccoli (se paragonati a quelli Mulino Bianco o Misura) e... non sanno di nulla! Ho infatti il vago sentore che siano adatti anche ai diabetici, perché di per sé non hanno un gusto che lascia gridare al palato “whoaaaa!” (contengono sciroppo d'agave, ma non credo in grandi quantità). Le calorie poi sono le stesse di un cornetto integrale sfornato da Banderas, 174, quindi mi chiedo come mai una cosa più saporita sia calorica quanto una totalmente vegetale, che non vanta neppure un gusto travolgente. Mah! 

Insomma, signori di Nàttura, se mi state ascoltando vi do un consiglio spassionato: sostituite quegli oli e insaporite 'sti poveri croissant, che così sono un po' deludenti.

Alla prossima! 

lunedì 14 luglio 2014

L'angolo delle proprietà: ciliegie

Buongiorno a tutti e buon inizio settimana! 
Anche questo lunedì lo dedichiamo a un altro “stone fruit” molto amato, a dire il vero uno dei miei preferiti in assoluto: la ciliegia


Io amo e adoro le ciliegie, ne mangerei a tonnellate, ma stranamente solo sotto forma di frutta fresca. Odio la loro versione candita, i gelati o le caramelle che le impiegano, né mi piacciono le amarene immerse nel relativo sciroppo... insomma, per me la ciliegia deve essere scesa dall'albero e, possibilmente, deve essere bella nera, succosa e dolce!

Molti di noi, quando immaginano il ciliegio (Prunus avium), pensano al Giappone, ai suoi giardini incorniciati da splendidi alberi carichi di fiori rosa (i famosi “sakura”, che sono il simbolo nazionale giapponese), la cui pioggia di petali rende gli scenari splendidi e poetici. 
Il ciliegio, in effetti, è proprio un albero meraviglioso e, oltre ai suoi incantevoli fiori, possiede un legno molto pregiato, che in virtù della sua resistenza viene sfruttato in produzioni destinate a durare nel tempo, come le bare (ehm...).

Parlando del suo frutto, chi non conosce le ciliegie? Palline deliziose, dotate di un colore bellissimo che vira di solito dal rosso acceso al borgogna profondo, seppur di dimensioni ridotte, sono una gioia per il palato, grazie alla loro polpa zuccherina e carnosa. Sono un frutto tipicamente estivo, iniziano a comparire a maggio per poi eclissarsi durante gli ultimi caldi, e di varietà ne esistono diverse. Alcune tra le più note e buone sono sicuramente i Duroni e le Ferrovia, che presentano un colore pieno e scuro, nonché un gusto dolce e paradisiaco. 

Come siamo messi a livelli di proprietà e benefici? Beh, come vi ricordo sempre, tutti i frutti estivi hanno “una marcia in più”, perché Madre Natura ce li offre per un motivo: tenerci in forza durante il caldo. Anche le ciliegie non si sottraggono a questo scopo, infatti, oltre all'acqua e allo zucchero di cui sono composte (uno zucchero che può essere tranquillamente assunto anche dai diabetici!), presentano delle buone percentuali di vitamina A e C, addirittura una dose minore di proteine e molti sali minerali, tra cui magnesio, potassio e ferro. Altre proprietà sono quelle disintossicanti e depurative (soprattutto a livello epatico), per non parlare dell'azione contro il gonfiore addominale. Per quel che mi riguarda, soffrendo io di insonnia, il beneficio più interessante di questo frutto è la melatonina che contiene. Si sa che, ormai, la melatonina è l'ultima frontiera in fatto di rimedi per favorire il sonno, e, a quanto pare, le ciliegie ne proporrebbero una discreta quantità! 

Anche oggi abbiamo imparato qualcosa i nuovo! Una domanda per voi gente delle Marche: tanti anni fa mi è stato offerto il vino di Visciole, una varietà di ciliegie veramente buonissima, ma non l'ho mai ritrovato da nessun'altra parte, neppure nelle enoteche! Non è che qualcuno di voi vorrebbe inviarmene una bottiglia? Era così buono ahah! 

Alla prossima! 

venerdì 11 luglio 2014

Cruelty free e le incoerenze delle beauty v/blogger

Ben ritrovate, care amiche dedite al make up! 
Il post del venerdì risulta sempre un'incognita, ma prometto di portarlo avanti con continuità e serietà d'ora in poi! Anche oggi il tema potrebbe aprire qualche dibattito. Si parla di collaborazioni online fra aziende e beauty blogger/vlogger

Ho sempre creduto che, quando si parla di lavoro, si debbano raggiungere dei compromessi. Quando ci sono i soldi in ballo, e quando non si può scegliere come si vorrebbe, a qualcosa ci si deve piegare, lo so per esperienza. Tuttavia credo che in un mercato come quello delle collaborazioni online con aziende del settore cosmetico, non si possa scendere sotto una certa soglia
Capisco perfettamente che una persona come, ad esempio, Clio Zammatteo, che mai si è professata vegetariana, animalista o a favore dell'eco-bio, e che lo fa a un certo livello, accetti di lavorare per aziende che di cruelty free non hanno nulla. Cosa dire però di quelle vlogger/blogger che si sono dichiarate fermamente animaliste o vegetariane, e che poi hanno sfoggiato, o sfoggiano, prodotti notoriamente testati? 
Dietro l'angolo c'è sempre la scusa "mi è stato regalato", "mi è stato inviato", "non l'ho comprato io". Il fatto che persona X non abbia dato direttamente soldi a un brand di cui non si condivide la filosofia aziendale, per me non è sufficiente. E' una questione di coscienza, di fare i conti con se stessi. Rinunciare alle collaborazioni penalizza di certo il guadagno, ma sono una di quei poveri folli che crede che il guadagno nella vita non sia tutto. Fossi al posto di queste persone, declinerei. Non perché mi ritenga migliore, ma semplicemente perché è un fatto di coerenza, di empatia. Che li abbia comprati io o no, non riuscirei a usare prodotti che so che hanno richiesto la sofferenza di un animale per finirmi in faccia.

Non riesco ad accettare la leggerezza di queste persone, soprattutto perché, essendo più in vista di noi silenziosi comuni mortali, poi gettano la nostra intera categoria in pasto alle critiche più spietate, alle accuse e alle prese in giro. Se si fa una scelta, la scelta deve restare quella, a meno che non la si rinneghi esplicitamente e si torni al punto di partenza. Non si pretende certo la perfezione a 360°, ma direi che almeno i fondamentali debbano essere assicurati...
Mi sono sempre dichiarata accomodante e di mente aperta, ma ci sono cose (poche, in verità) su cui mi mostro intransigente... questa è una di quelle! 

Voi come la pensate? Vi unite a me nel pensiero o vi discostate? Il guadagno e l'etica che rapporto devono avere in questi casi? Dite la vostra in un commento! 

Alla prossima! 

giovedì 10 luglio 2014

A lezione di avocado: come sceglierlo, come trattarlo, come preparalo!

Buongiorno signori e signore! 
Un po' di giorni fa una mia amica mi ha confessato di stare imparando l'arte dei frullati. Vorrebbe aggiungere dei frutti esotici ai suoi preparati, ma quando si tratta di sceglierli mi ha detto di avere dei dubbi: come distinguerne uno giunto alla maturazione giusta da uno che non lo è? Se per mango e papaya la cosa non è difficile, ciò che mette in crisi la gente è l'avocado
Noi italiani di avocado non ne sappiamo granché. Non è un frutto tipico delle nostre parti, si è diffuso solo di recente e non ne conosciamo le varietà. A dirla tutta, l'avocado è anche parecchio costoso, un motivo in più per prestare maggiore attenzione alla sua scelta. 

Non ci crederete, ma quando vado al supermercato e mi avvicino agli avocado, immancabilmente qualche signora mi chiede consigli e si affida a me per la scelta. Che abbia scritto in faccia che sono una tipa da avocado? Non saprei, ma puntualmente succede. 
In effetti confesso che una certa esperienza in materia di avocado la posseggo. Quando vivevo a Londra, ho lavorato per un anno in una cucina messicana molto "cool" (Chilango, se passate da Londra fateci un salto, i suoi burrito sono grandiosi!), che prevedeva la preparazione quotidiana e manuale di tutte le salse proposte, tra cui la guacamole. La guacamole è quella crema verde corposa e irresistibile a base di avocado, che va a condire tacos, burrito, tortillas e compagnia cantante. Per prepararla si devono scegliere frutti maturi al punto giusto, perché devono risultare burrosi, così da essere "spiattellabili" senza fatica. Insomma, da Chilango ho imparato a distinguere un avocado buono da uno che non lo è, e forse questo ce l'ho scritto in faccia (ecco perché le signore al supermercato si fidano di me). 

COME SCEGLIERE UN AVOCADO?

Per mia personale esperienza, di avocado ne ho sempre visti di due tipi: quelli con la pelle verdissima, lucida e tirata, e quelli neri e bitorzoluti. I primi potrebbero sembrarvi acerbi, e a volte è così, ma non sempre; i secondi, avendo la pelle più spessa, non sono facili da capire. Se comunque volete essere certi che l'avocado che state comprando è pronto per essere divorato, dovete toccarlo

Se l'avocado è di quelli verdi siete fortunati: non dovrà risultare al tocco eccessivamente molle, altrimenti significa che è già in stato avanzato di maturazione, quindi dovrete consumarlo dopo un massimo di due giorni dall'acquisto. Non dovrà neppure presentarsi troppo turgido: in questo caso sarà molto, molto lontano dalla maturazione e dovrete attendere a lungo (anche una settimana) se vorrete mangiarlo. Se farete l'errore di aprirlo in questa fase, allora sappiate che non maturerà mai, al massimo si ossiderà, ma la durezza (come il gusto orribile) permarrà fino alla sua morte. 

Se siete invece alle prese con quelli neri, sappiate che la loro pelle, che somiglia a una conchiglia, più il frutto sarà maturo, più si staccherà dalla polpa, rendendo la "toccata" molto più complessa. Rischierete addirittura di bucarla, quindi state attenti! Un buon avocado nero è quindi pronto quando la pelle è ben aderente alla polpa e non risulta dura come una pietra. Se notate dei punti vuoti (soprattutto in zona picciolo), significa che l'avocado è troppo in là con la maturazione: regolatevi voi pensando a quando ne farete uso. 

COME SI APRE UN AVOCADO?

un coltello simile, per capirci
L'avocado al suo centro ospita un nocciolo molto grosso, ma di facile rimozione. Per aprirlo armatevi di un coltello di quelli per tagliare le verdure; affondatene la lama in un lato, fino a farle toccare il nocciolo, dopodiché fatele compiere un giro di 360°. A quel punto esercitate una leggera pressione che divida le due metà: se l'avocado è ben maturo, si staccheranno senza fatica e il nocciolo verrà via con estrema facilità. Una volte ottenute le due metà, prendete un cucchiaio (quelli da portata sono ottimi) e scavate la polpa, separandola dalla pelle. E' un procedimento molto semplice... a patto che il frutto sia maturo :) 

COME SI CONSERVA UN AVOCADO? 

Il consiglio che do in generale è di consumare l'avocado il giorno stesso in cui è stato aperto. Questo perché si ossida con una velocità che ha dell'incredibile. Se lo aprite la mattina, state certi che la sera, nonostante il frigorifero, sarà nero. Capisco però che usarlo tutto in una volta possa risultare oneroso. Il modo migliore per conservarlo, e rallentare questo processo, è lasciare la metà non utilizzata attaccata alla pelle e coprirla con la pellicola trasparente da cucina, in modo che aderisca perfettamente al frutto. Ricordate di non lasciare spazi scoperti, altrimenti prenderà aria e si annerirà comunque. Mi raccomando, anche in questo caso non lasciatelo in frigo un'eternità: l'avocado deve essere consumato in tempi brevi! 

COSA CI SI FA CON UN AVOCADO? 

la guacamole
Altra domanda che mi viene fatta spesso. Beh, che dire? Potete mangiarlo crudo, da veri crudisti. Potete schiacciarlo e tentare di produrre la guacamole (non posso darvi la ricetta, mi querelano, ahah!). Potete aggiungerlo ai frullati, come consigliavo in un vecchio post. Potete aggiungerlo alle insalate. Potete frullarlo, aggiungere del cacao amaro, dello sciroppo d'agave, della vaniglia e farci un ottimo budino raw. Potete usarlo come ganache per le torte raw. Vista la sua consistenza simile al burro, potete anche usarlo al posto del burro in torte e biscotti! Il suo sapore neutro e il suo alto valore proteico si rivelano una scelta vincente, sempre e comunque :) 

Bene, spero di esservi stata utile con questo articolo! Se avete domande, scrivetemi pure un commento qua o su Facebook! 

Alla prossima!

mercoledì 9 luglio 2014

La carne è omicidio? Non più, ecco la 3D-printed meat

Ciao a tutti amiche e amici, ben tornati! 
Come di consueto, oggi è il giorno del nostro post a tema sociale... e il tema che propongo è davvero particolare e ad alto livello etico. 

Vi ricordate quando, ai tempi, è stata clonata la pecora Dolly? Beh, quello è stato il primo passo - o, almeno, uno dei primi passi - che la scienza ha compiuto per invadere il territorio di Madre Natura. La clonazione è sempre stata un tema "hot" sotto molti punti di vista, ma in linea di massima non ha mai goduto di particolare simpatia al di fuori del campo scientifico. A nessuno è mai piaciuto vedere l'uomo giocare a fare Dio, quindi, per fortuna, la clonazione non è mai stata portata avanti, e di questo rendiamo grazie a ricercatori e scienziati. 

Il fatto che, però, nessuno si sia messo a produrre copie in serie di animali o esseri umani, non ha escluso che qualcosa di artificiale venisse originato ugualmente. Come per le alternative alla sperimentazione scientifica, che sempre più spesso utilizza riproduzioni fedeli del tessuto cellulare umano ottenute in laboratorio, si è arrivati alla "carne sintetizzata", in inglese 3D-printed meat
Non sono uno scienziato, perciò non posso spiegarvi nel dettaglio come avvenga questo procedimento, posso solo dirvi che i primi "hamburger cellulari" dal sapore bovino sono stati creati e fatti assaggiare a un campione di persone. La risposta è stata positiva, coloro i quali li hanno mangiati hanno affermato che gusto e consistenza sono proprio identici a quelli dei classici hamburger, senza contare che l'apporto proteico risulterebbe il medesimo.

Fra sconcerto e innovazione si apre quindi una nuova via che potrebbe anche risolvere le problematiche etiche di vegetariani e vegani: non uccidere più esseri viventi per mangiare carne. 
La questione è stata posta proprio sul piatto (scusate il gioco di parole) di questi ultimi, che alla domanda "la mangereste?" hanno dato risposte differenti. C'è chi ci proverebbe, chi afferma che la questione non cambierebbe, chi parla di processo industriale poco sano in ogni caso e chi si rifiuta categoricamente per puro abominio della cosa. 

Voi cosa fareste? Come inquadrate questo bizzarro esperimento? E' la risoluzione definitiva dell'eterno conflitto fra veg* e onnivori? L'ennesimo tentativo dell'uomo di sconfinare in un campo che non gli spetta? E soprattutto... la mangereste?
Mentre attendo le vostre risposte, mi auguro che Mc Donald's non legga mai di queste nuove trovate... già circolano strane voci sui suoi attuali panini, ahah! 

Alla prossima!

martedì 8 luglio 2014

Recensioni: i Cestelli - Linea Benessere by Il Baule Volante

Ciao a tutti!
Oggi per le nostre recensioni torno a parlare di frollini, perché nutro una passione smodata per i biscotti, che sono sempre un'ottima alternativa non solo per la colazione, ma anche per quei dolci che ne richiedono l'utilizzo. 

Sono una persona piuttosto abitudinaria, se trovo qualcosa che mi piace raramente cambio rotta, tuttavia settimana scorsa non sono riuscita a passare da Biomì, l'unico negozio a incrociare il mio percorso è stato quindi Naturasì, che però non vende i frollini di frumento "La via del Grano" di Probios, recensiti qualche settimana fa, e, ad oggi, ancora detentori immortali del mio favore assoluto. 

Ho ripiegato così sui Cestelli della Linea Benessere prodotta da Il Baule Volante, una marca il cui nome mi fa sempre sorridere, non posso negarlo! 
I biscotti in questione ricordano per forma il Gran Turchese, sono vegan (senza latte, né uova, quindi adatti agli intolleranti) e sono ricchi di fibre, in quanto composti da cereali e germe di grano. Sono privi di grassi animali e l'olio con cui sono impastati è di girasole. Sono anche ideali per chi è a dieta, non solo per il fattore fibre, ma anche perché ipocalorici: 40 calorie a biscottino.  

Che dire? Al gusto risultano piuttosto rustici, friabili, non eccessivamente dolci e perfetti per l'inzuppo, sia nel latte che nel tè. Devo dire che mi piacciono abbastanza, ma continuo a preferire quelli de "La Via del Grano", più che altro perché trovo che il loro gusto sia fin troppo neutro (somigliano ai biscotti per diabetici!). 
Ogni sacchetto contiene 300 gr di prodotto per 2,51 €.

Bene, anche per oggi è tutto, buona colazione allora!

Alla prossima!

lunedì 7 luglio 2014

L'angolo delle proprietà: pesca

Buongiorno a tutti! 
Qualcuno l'avrà notato: Guida Galattica si è presa una settimana di vacanza. Non perché sia andata in vacanza (magari!), ma perché ho dovuto riorganizzare i miei tempi e impegni. Tranquilli, da oggi conto di aver trovato dei buoni compromessi, non vi abbandonerò più!
Riprendiamo da dove ci eravamo lasciati ben due settimane fa. Dopo l'albicocca vi avevo annunciato che ci saremmo gettati nell'universo degli "stone fruits" e che ci saremmo dedicati alla pesca
La pesca, un frutto particolarmente amato (soprattutto quando si tratta di conserve, dolci e succhi), e anche un termine di paragone quando si parla di pelle. Chi non vorrebbe avere la pelle vellutata come quella di una pesca? Io sicuramente sì. Però c'è da dire che non tutte le pesche ne sono provviste, perché di pesche ne esistono parecchie specie!
Pesche bianche, gialle, percoche, pesche noci, tabacchiere, sono solo alcune delle varietà che popolano i banconi dei supermercati e dei fruttivendoli, tutte riconducibili sotto il nome scientifico di Prunus persica. Si presentano come frutti rotondi, di dimensioni differenti a seconda del tipo, dalla caratteristica buccia giallo-rossastra che, come dicevo, può essere liscia o vellutata. La polpa è succosa, dolce, profumata, carnosa, ancor di più se si gusta questo frutto durante la sua stagione: l'estate

E proprio come tutti i frutti estivi fornitici da Madre Natura per far fronte al caldo (ecco perché si deve rispettare la stagionalità, c'è sempre un motivo!), la pesca ci viene in soccorso con il suo pacchetto di zuccheri, sali minerali e vitamine utili a sostenere il nostro organismo. 

Composta in prevalenza da acqua e zuccheri, questo frutto è ricco di vitamina A e B, ma soprattutto di vitamina C, che aiuta il corpo a combattere le infezioni e ad assorbire il ferro. Altra proprietà interessante per i mesi estivi è la significativa presenza di potassio, che favorisce la rilassatezza del sistema nervoso e previene l'insorgere di quei fastidiosi crampi che spesso ci fanno vedere le stelle. Da sottolineare, infine, la massiccia percentuale di beta carotene, che non solo aiuta la pelle ad abbronzarsi più facilmente, ma si rivela di grande importanza una volta trasformato da vitamina A, essenziale per le ossa e la pelle. 

Anche questa volta Madre Natura ci stupisce e ci consegna un piccolo gioiello tanto utile quanto goloso! La mia varietà preferita è senza dubbio la pesca tabacchiera, o saturnina, che è morbida e veramente dolcissima. Il nome è curioso, gli inglesi la chiamano semplicemente "pesca piatta" ("flat peach"), noi, da bravi creativi, l'abbiamo associata addirittura agli anelli di Saturno, ahah!

Alla prossima!