venerdì 30 maggio 2014

Cosmesi verde: "Love is in the... HAIR" con Twilight27Bella!

Buonasera a tutte/i! 
Siamo qui riuniti oggi per dedicarci a un altro "capitolo" sulla cosmesi verde (e cruelty free), ci concentreremo infatti sulle cure da prestare alla nostra chioma, ma non lo faremo tirando in ballo marche famose e INCI, bensì trovando validi alleati fra ciò che conserviamo in frigo o nella dispensa
Io non sono un'esperta, anzi, se devo dirla tutta, non sono una che ricorre a mille accortezze quando si tratta di capelli, per un motivo semplice: porto i capelli corti. Ma so che per voi la questione è sentita, per questo motivo mi sono avvalsa del prezioso contributo di una mia cara amica,  nota nel mondo di YouTube come Twilight27Bella (Mary), che ringrazio sentitamente per l'aiuto!
Mary è una vera "capellomane" e non si fa sfuggire niente in merito, quindi fate bene attenzione a quello che mi ha suggerito di consigliarvi!

Ah, prima di iniziare, una chicca per chi abita nelle Marche: qualora vogliate ricorrere all'aiuto di Mary (che è marchigiana) per trattare i vostri capelli in modo assolutamente naturale, cruelty free e biologico, non esitate a scriverle in privato per incontrarla e approfittare della sua sapienza! Ha già tenuto un primo incontro presso la bioprofumeria Miss Bio di Porto Sant'Elpidio il 3 aprile scorso, quindi... ;) 

Arriviamo al succo del post: senza troppi giri di parole, la questione è che per avere capelli morbidi, lucidi e perfetti non serve andare a spendere vagonate di soldi in profumerie che propinano prodotti con INCI pessimi e che siano anche stati testati su animali. Abbiamo ogni rimedio in casa, 100% naturale e 100% cruelty free!

- Gel di semi di lino
I semi di lino, come abbiamo detto in passato, sono un super alimento, ma non solo, sono una manna anche per i capelli. Sono facili da reperire, potete trovarli comodamente al supermercato, non costano tanto (all'Esselunga un sacchettino costa 1,89 €) e il gel che ne ricaverete donerà lucentezza e definizione alle vostre chiome. Per vedere la ricetta di Mary (facile facile, con tanto di spiegazioni esaustive) cliccate qui

- Yogurt di soia
Ci siamo confrontate a lungo su questo argomento: Mary mi aveva parlato dei benefici dello yogurt classico, ma sollevando l'obiezione che ormai non ne faccio più uso, ci siamo concentrate su quello di soia. Ebbene, abbiamo scoperto che, impiegato in maschere e impacchi, ha effetti idratanti e protettivi

- Cacao in polvere 
Da aggiungere a impacchi pre-shampoo, il cacao è un ottimo ingrediente: contiene minerali e vitamine, ravviva il colore (specie se scuro, ma non scurisce i capelli) e ristruttura la fibra del capello

- Aceto di mele e limone
Si può aggiungere un cucchiaino di aceto di mele alla normale dose di balsamo, a mezzo litro di acqua per l'ultimo risciacquo o a qualsiasi impacco pre-shampoo per un effetto simil siliconico. L'aceto di mele, infatti, lucida tantissimo senza ingrassare i capelli, anzi, opportunamente diluito, svolge azione purificante sulla cute. Il limone ha le stesse funzioni dell'aceto di mele e, anche lui, non ingrassa.

- Latte e olio di cocco
Il latte e l'olio di cocco (che potete tranquillamente trovare a pochi cents nei negozi etnici) sono fantastici per idratare i capelli, ricordatevi però di non usarne grandi quantità (tendono a ungere troppo)! Se non volete consumare tutto il latte in una volta non preoccupatevi, si può congelare a cubetti, o può essere impiegato per cucinare. Una nota di merito in particolare per entrambi: profumano!

- Banana
La banana è un altro di quei rimedi economici, d'uso comune e d'effetto. La sua azione è rinforzante, si può schiacciare o frullare per ottenere un composto da usare come impacco, il mix può eventualmente essere alleggerito aggiungendo un po' di acqua nel caso in cui risulti troppo denso.

- Latte di riso
Il latte di riso fai da te applicato sui capelli o sul viso pare che abbia effetti miracolosi. La ricetta è la seguente: far bollire 50 gr di riso in 1/5 litro d'acqua per 20 minuti circa, poi frullare. La crema ottenuta si potrà usare come impacco insieme al cacao in polvere e a un goccino di olio!

Bene, abbiamo terminato! Grazie per averci lette fin qui :) Mi sembra inutile specificare che tutti questi rimedi caserecci sono naturali e per nulla nocivi.
Ringrazio nuovamente Mary per il suo sostanziale contributo all'articolo e, mi raccomando, non dimenticativi di passare dal suo canale YouTube o dalla sua pagina Facebook per avere sempre consigli utili in fatto di capelli!

Alla prossima!

giovedì 29 maggio 2014

Conchiglie, gusci e cruelty free

Ciao a tutti, again, e bentornati! 
La curiosità di cui voglio parlare oggi è legata al mondo dell'arte in combo con lo stile di vita vegetariano/vegano. Non avete idea degli spunti in cui si può incappare navigando in rete, lo stupore è dietro l'angolo!

Come ho scritto altrove sul blog, un veg* che si rispetti non indossa pelle, che sia di mucca, di coccodrillo o di serpente, né possiede qualsiasi tipo di oggetto che derivi da una qualsivoglia crudeltà su animali (per esempio, l'avorio). A smuovere questi fermi propositi ecco arrivare l'utente di un forum americano (di cui non faccio il nome) che dichiara di essere un artista e di aver lasciato il veganismo un anno fa, pur rimanendo vegetariano. 
La domanda posta da quest'uomo è: ok, chi è veg* non dovrebbe possedere oggetti che derivino da animali uccisi, ma come stanno le cose quando l'animale in questione muore per cause naturali? L'esempio riportato è stato quello di ossa, teschi, gusci di conchiglie o paguri e stelle marine essiccate dal sole, una collezione che gli servirebbe per schizzi e disegni realistici. 
L'uomo ha affermato che non abbandonerà la sua carriera in favore di principi etici simili, tanto più che "essere vegan non significa essere puri" e che questa collezione non potrebbe risultare impattante né per l'ambiente, né per gli animali. 

In effetti non ho mai pensato a una cosa del genere. Solitamente siamo portati a considerare la questione cruelty free pensando agli animali che vengono uccisi, ma se spostassimo l'ago verso la morte naturale, sarebbe ugualmente immorale? Soprattutto nel caso delle conchiglie
Continuando a scartabellare il forum su cui è sorta la discussione, mi sono imbattuta in diversi topic che ne parlavano e i pareri espressi erano discordanti: c'è chi considera le conchiglie come un vero e proprio prodotto animale da rispettare, e chi invece pensa che di animale non ci sia nulla, che siano semplicemente "case" abbandonate dagli animali stessi. 

L'unica cosa che pare valga la pena di considerare è la provenienza della conchiglia: se raccolta sulla spiaggia sarebbe "ecocompatibile" e cruelty free, se comprata risulterebbe trattata da agenti chimici e di certo proveniente da qualche atto crudele verso il soggetto. 

Insomma, questa cosa della conchiglia mi ha fatta riflettere non poco! 
Voi come la pensate a riguardo, le conchiglie e i gusci meritano la V verde o no? 
Intanto che ci pensiamo, vi saluto e, come sempre... alla prossima!

Autoironico, pacifico o altamente infiammabile: che tipo di veg* sei?

Buongiorno a tutti!
Questa settimana i post mi scivolano dalle mani come saponette bagnate, solitamente sono puntuale, lo sapete, ma questo è un periodo un po' particolare, chiedo venia!
Per il tema "cultura e società", oggi propongo un topic a mio avviso curioso, dato che pone l'accento ancora una volta sull'eterno dualismo veg/onnivori. 

L'abbiamo/ho detto tante volte, veg* (vegetariani o vegani, poco importa) e onnivori sono due fazioni che non smetteranno mai di entrare in conflitto e provocarsi reciprocamente, è un dato di fatto. Spesso viene mostrata tolleranza e comprensione, altrettanto spesso, però, una delle due parti (o entrambe) scivola impietosamente nel vortice del gratuito ed è allora che non se ne esce più. 
Ciò che dico sempre in questi casi è di risultare il più neutrali possibili, più che altro per una questione di convivenza, non certo di menefreghismo: le convinzioni rimarranno le stesse, ma almeno si potrà condividere la stessa tavola/ufficio/casa/vita senza arrivare ai coltelli. 
Vi sottopongo di seguito due esempi. 

Qualche settimana fa un'amica mi ha mostrato una foto (che ho perso, ma appena la trovo la inserisco!) che ritraeva un avviso posto all'entrata di un ristorante: "Avviso ai vegetariani: gli animali si sono presentati spontaneamente per la macellazione". Lei non è vegetariana, perciò, per curiosità, voleva sapere se la trovassi simpatica o mi desse fastidio. Se devo dirla tutta, io sono una persona che scherza parecchio e usa quintali di autoironia, anche sull'alimentazione, però l'immagine non mi è piaciuta granché. Non perché andasse contro le mie credenze, ma perché l'ho trovata del tutto gratuita
Non sono forse gli onnivori a lamentarsi dei veg* e delle loro reazioni? Certo, sarà stato fatto in chiave scherzosa e, certo, ci sarà chi ne riderà o la prenderà con filosofia, ma non siamo tutti uguali, e quello a cui parte l'embolo e inizia con le polemiche, prima o poi, salterà fuori. E allora ricominceranno le accuse e gli scontri. Ne vale la pena? 

Il secondo esempio che vi mostro, è questa celebre foto riproposta come t-shirt su una popolare pagina veg* di Facebook (di cui non ricordo il nome, ne seguo diverse). Purtroppo non sono riuscita a ritrovare la foto originale, ma poco importa, la scritta era la stessa. Anche qua la domanda rivolta ai veg* è stata: come la prendete? 
Io, personalmente, mi ci faccio due risate! Non solo perché alla fine di questa frase ci sia uno smile, ma perché il tono mi sembra largamente più goliardico e leggero. Non è stato fatto altro che rimaneggiare un vecchio cavallo di battaglia veg* in termini simpaticamente onnivori, e non riuscirei proprio a prenderla sinceramente. Poi, come sopra, sono certa che anche qua le reazioni sarebbero differenti, qualcuno a cui pigli il famoso embolo salterà fuori, ma insomma, i contesti di base mi sembrano differenti! 

E voi, che tipi di veg* siete? Autoironici, pacifici o altamente infiammabili? Come avreste reagito alla prima foto e come alla seconda? 

Alla prossima! 

martedì 27 maggio 2014

Recensioni: Margherisella Bio by Margherita

Buongiorno!
In molti stanno aspettando la recensione di questo prodotto, perché c'è tanta curiosità, eheh! Pronti? Via! 
Non è da molto che è stata lanciata sul mercato la Margherisella, diretta discendente della famosa Mozzarisella, il formaggio vegetale ottenuto da riso integrale germogliato

su questa foto è riportato 330 gr ma sulla mia sono 350!

Margherisella, come da nome, è una pizza margherita, ed è interamente vegetale: la "mozzarella" di cui è cosparsa è infatti la Mozzarisella di cui sopra, quindi con latte e derivati non ha nulla a che spartire. Il prodotto è quindi fruibile non solo da vegan, ma anche dagli intolleranti al lattosio.
La confezione propone una singola pizza da 350 gr, con 195 calorie ogni 100. Il prezzo è di 4,95 €
Molti mi hanno chiesto su Instragram dove l'abbia comprata, la risposta è sempre la solita: da Biomì
Mozzarisella è comunque disponibile anche da Naturasì, quindi possibile che Margherisella sia reperibile anche là (non ve lo assicuro però, è da molto che non bazzico Naturasì).

ecco la mia Margherisella testata :) 
Come per tutte le pizze surgelate, la cottura non è niente di complicato: basta accendere il forno, infilarcela dentro e attendere che sia cotta.
Al gusto è croccante, il pomodoro non eccessivamente dolce (come capita di solito con i surgelati) e la Mozzarisella assolutamente godibile, esaltata anche dal sapore dell'origano. Dovessi trovarle un difetto è forse che tende a sciogliersi un po' troppo, ma basta regolarsi con la cottura (e io, probabilmente, ho esagerato). Ovviamente, costituendo la "pizza base", potete farcirla come meglio credete, dalle verdure ai wurstel vegetali, oppure, come mi è stato suggerito, potete provare la gustosa combo con il carpaccio aromatico Mopur, molto simile al prosciutto crudo.

Insomma che dire, molto buona e indubbiamente promossa questa Margherisella!
Vi anticipo che la prossima recensione sarà su un altro prodotto che mi è piaciuto molto: i ravioli vegan ripieni di spinaci e spalmarisella.

Alla prossima! 

lunedì 26 maggio 2014

L'angolo delle proprietà: mango

Buongiorno a tutti e buon lunedì!
Oggi si parla di mango. No, non il cantante e no, non il brand d'abbigliamento. 
L'estate ormai è arrivata (ormai siamo a giugno!), quindi perché non spendere due parole su uno dei frutti tra i più buoni che ci terranno compagnia durante i prossimi mesi? 
Dolcissimo, rinfrescante, pieno di vitamine, questo frutto originario dell'Asia viene oggi coltivato in tutte le regioni tropicali (perfino in Sicilia!) ed è questo il motivo per cui è disponibile sul mercato praticamente tutto l'anno.
Il suo nome scientifico è Mangifera indica e la sua pianta è un sempreverde molto alto (fino ai 40 metri!), dal tronco robusto e le foglie lunghissime. I suoi frutti li conosciamo bene, sono piuttosto grossi, ovoidali, di un colore che vira dal verde brillante al rosso, con qualche tocco di giallo qua e là. 
La polpa è di un giallo acceso, succosa e incredibilmente dolce. All'interno del frutto (e qua è la fregatura!) è racchiuso un poderoso "nocciolo" simile a un enorme osso di seppia, che, ahimé, da solo occupa gran parte del frutto stesso. Non so voi, ma io faccio sempre una fatica boia a tagliare tutt'intorno, alla fine finisco a rosicchiare l'osso come fossi un'ossessa! 
Bene, ora che abbiamo tracciato l'identikit del nostro amico tropicale, procediamo a parlare delle sue virtù!

Il mango è costituito in prevalenza da acqua, con una percentuale dell'81% circa. Questo, nonostante sia indubbiamente zuccherino, lo rende ipocalorico, con solo 55 calorie ogni 100 gr, in poche parole una coccola senza sensi di colpa! 
Al suo interno questo frutto racchiude una bella dose di sali minerali, fra cui figurano zinco, magnesio, rame, potassio e calcio. Ottimo anche l'apporto vitaminico, con al primo posto la vitamina A, seguita a ruota da quasi tutte le vitamine del gruppo B, la vitamina C, D, E e K. Una sostanza molto interessante è il lupeol, che si dimostrerebbe molto efficace nella lotta al tumore, in particolare quello temibile al pancreas

In cucina il mango è un protagonista molto particolare, noi siamo abituati a consumarlo nella sua accezione dolce, ma sono moltissimi i piatti orientali che lo propongono in ricette salate ed "esotiche". A me piace mangiarlo crudo e freddo, da solo o nei frullati (soprattutto se congelato), ma è anche buonissimo essiccato da gustare come snack!

Dalle mie parole si sarà evinto che sono di parte, ma una cosa è certa: il mango è un frutto paradisiaco ma, per citare Ernst Knam, se in paradiso non c'è il mango, io non ci voglio andare!

Alla prossima!

domenica 25 maggio 2014

Lumache, api e pecore: ecco i nuovi lifting

Ciao a tutti e bentornati/e!
Pubblico questo articolo in ritardo per un motivo assolutamente idiota: avevo trovato l'argomento da trattare venerdì, poi me lo sono completamente scordata e solo dopo due giorni (cioè ora) mi è tornato in mente. Prima che lo scordi ancora, non indugio oltre e procedo con quello che sarebbe dovuto essere l'articolo di venerdì...

Bava di lumaca, veleno d'ape, placenta di pecora... cos'hanno in comune secondo voi? Come dite? Credete siano gli ingredienti per la pozione magica di qualche strega cattiva? Magari!
Mi spiace deludervi giovinette e giovinetti, qua si tratta di roba molto più "terra terra", si parla di rimedi cosmetici contro l'invecchiamento
Si sa, agli anni che avanzano le donne non si rassegnano proprio mai, soprattutto quando hanno molti soldi e sono molto famose. Rughe, macchie della pelle e altri inestetismi cutanei minacciano costantemente chi è sempre stata abituata a lavorare con la propria immagine, quindi perché non provare a salvaguardarla
Di rimedi stravaganti e sopra le righe ne sono spuntati davvero parecchi negli ultimi tempi, roba che ormai botulino e protesi in silicone sembrano soluzioni del paleolitico (per la gioia degli amici della paleo). Mentre da un lato abbiamo Kim Kardashian che si fa maschere con il proprio sangue (non sto scherzando), dall'altra abbiamo Kate Middleton che predilige il veleno d'ape per contrastare i segni del tempo. Stramberie a parte, la domanda che sorge è: questi cosmetici alternativi sono cruelty free? La risposta è ni, e adesso la vediamo meglio. 

Partiamo con la crema a base di bava di lumache. La più famosa in commercio è l'Elicina, ma esistono anche altri brand, molti dei quali sono bio. Il cosmetico svolgerebbe la stessa azione esfoliante dell'acido glicolico, attenuando così macchie della pelle e cicatrici. Nonostante su tutti i siti delle case produttrici venga affermato che la raccolta della bava non nuoccia agli animali, il procedimento non è troppo chiaro. Dappertutto viene ripetuto che le lumache strisciano e qualcuno raccoglie le loro secrezioni liquide, quello che non viene detto è come le colture di queste lumache siano quasi sempre destinate all'ambito alimentare. In altri casi, invece, sembra che i simpatici gasteropodi vengano sollecitati da agenti esterni (ad es. radiazioni ionizzate) a secernere il prezioso liquido. In entrambi i casi, di innocente e poco invasivo non ci trovo granché.

mettetevi le lumache in faccia, fate prima!
Del veleno d'ape si sa ancora poco, ma è già diventato una superstar in campo cosmetico. Questo ingrediente è la chiave per attenuare le rughe e distendere la pelle. Come? Stimolando la produzione di collagene e di elastina, responsabili del rilassamento cutaneo. 
Come producono il veleno le api? In realtà sarebbe più corretto dire quando. Le api producono il veleno contenuto nel pungiglione quando si sentono in pericolo, o sono particolarmente "esaltate". Per favorirne la produzione, perciò, viene loro inferta una scarica elettrica che le fa diventare aggressive e che le induce alla secrezione di un veleno, raccolto per mezzo di una lastra.
Ok, non moriranno, però trovo comunque invasivo stressarle in questo modo, almeno io la penso così.

La placenta di pecora è un ingrediente tanto inusuale quanto efficace, poiché ricco di peptidi e proteine che favorirebbero la rigenerazione cellulare. Se lo sono inventati in quel di Londra e i suoi risultati si potranno apprezzare per ben cinque mesi. L'applicazione deve durare dodici ore (una cosa veloce insomma), ma dopo tutto questo tempo la promessa è quella di una pelle visibilmente più giovane. Non credo serva un luminare per capire come venga ottenuta la placenta di pecora e che fine facciano le pecore coinvolte in questo procedimento... per la serie "sai cosa ti spalmi"!

Inutile dire come tutti questi trattamenti costino un occhio della testa, eppure le ricche signore dello showbiz (e non solo) se li permettono con molta soddisfazione e pochi scrupoli.
Non so, la mia impressione è che più si va avanti più si esagera. Ci sono altre stranezze simili a quelle che vi ho citato, come il vomito di balena o gli escrementi di usignolo, ma mi astengo dal parlarvene, sia mai doveste avere incubi. La mia domanda è: ma perché dobbiamo per forza andare a rompere le scatole agli animali anche su queste cose? Alle api e alle lumache poi! Tanto di invecchiare, si invecchierà comunque!

Scusandomi ancora per il ritardo, vi do appuntamento a domani con il nuovo post del lunedì!
Alla prossima!

giovedì 22 maggio 2014

#Foodporn, che passione!

Buongiorno a tutti! Anche questa settimana sta volando, siamo già a giovedì, caspita... Bene, visto che è giovedì sapete già cosa vi attende, qualche chicca dal mondo del cibo, sia esso veg* o meno. Oggi, per esempio, si parla di foto!

Che le foto siano diventate la nuova droga degli ultimi anni lo sanno bene quelli che fra voi hanno uno smartphone e, soprattutto, un account Instagram. Certo, il primato spetta comunque ai famosi "selfie", ossia gli autoscatti ("selfportraits") il cui scopo ultimo è farci emergere in tutta la nostra beltà. Parlo alla prima persona plurale perché, sì, anche io a volte ne sono vittima, del resto siamo un po' tutti pavoni, no? Eheh! 

Accanto ai selfie, il trend più in voga del momento è sicuramente quello delle "food pics", ossia le fotografie che ritraggono i piatti che prepariamo e mangiamo (se li cuciniamo noi), o che mangiamo e basta (se siamo al ristorante). Questo tipo di foto sono diventate talmente popolari da creare l'hashtag specifico #foodporn, un termine che vuole mettere in risalto l'ossessione, oserei dire morbosa, nei confronti delle proprie pietanze
una delle composizioni di Papaya Sunshine
Se ne trovano davvero di qualsiasi genere, veg* o meno, e arrivano da ogni parte del mondo: si va delle artistiche colazioni alla frutta di papaya sunshine, alle meraviglie culinarie della vegan chef americana Leslie Durso, passando per un'infinità di altri account tutti dedicati al cibo. 
C'è chi le ama, c'è chi le odia, chi le trova d'ispirazione e chi, invece, inutili e irritanti... ma come si scatta la perfetta "food pic"

Come dico sempre, sono una narcisista del cibo: quando preparo qualcosa che è particolarmente bella da vedere (e si spera buona da mangiare), che magari mi ha richiesto una preparazione lunga e sofferta, ma anche quando si tratta di semplice frutta nella ciotola, mi scappa la foto, è più forte di me. 
Il cibo è uno di quei piaceri che colpisce non solo il palato, ma anche gli occhi, e quindi merita di essere immortalato! 
Ecco alcuni semplici trucchi per scattare una food pic senza essere per forza fotografi provetti :)

alcune mie foto: vegan caprese
1. La luce è importante, potrebbe donare splendore a un piatto esteticamente non attraente, o potrebbe ammazzarne un altro molto ben riuscito (le luci artificiali di solito spengono e falsano i colori, non parliamo dei neon!). Cercate una fonte luminosa naturale, non troppo calda, né troppo fredda. Di solito, davanti a una finestra si hanno i risultati migliori!

2. Il "set" non è da ignorare! No alle foto che hanno per sfondo la casa o la cucina, creano confusione e non fanno spiccare il soggetto dell'immagine. Uno sfondo neutro, preferibilmente una superficie biancacolor crema o legno chiarofarà risaltare la luce, il vostro piatto e i suoi colori!

3. Le fotografie dall'alto sono molto gettonate, tuttavia, dato che fa parte del mio lavoro, vi posso dire che non sono "appetizing"Funzionano bene se volete mostrare una composizione (come quelle di papaya sunshine, ad esempio), ma essendo "tecniche" e "geometriche" saranno meno efficaci se vorrete coinvolgere chi le guarda e fargli venire l'acquolina in bocca. 
Cercate una posizione di 3/4da vicino e, se riuscite, leggermente dall'alto, con la luce alle vostre spalleI volumi verranno accentuati e sembrerà che il vostro cibo sia pronto a saltare dalla foto dritto in bocca!

4. I filtri possono salvare una foto troppo scura o sgranata, ma possono anche penalizzare il soggetto e l'ambientazione! Filtri troppo carichi, troppo brillanti, vignettati, o troppo caldi possono falsare le tonalità e accentuare i difetti. So che vanno molto di moda, ma se avrete una buona luce di partenza, sarete già a oltre metà dell'opera e non ne avrete bisogno! 

Se volete vedere altre mie foto-ossessioni culinarie, vi ricordo che potete trovarmi su Instagram @theveggiegalaxy!

Spero che questo post sia stato leggero e diverso come avevo pensato, e che vi abbia suggerito qualche trucchetto in più per le vostre fotografie, lo so che le amate anche voi! ;) Noi ci sentiamo domani con l'ultimo post della settimana!

Alla prossima! 

mercoledì 21 maggio 2014

Il veganismo come disturbo alimentare: l'ortoressia

Buongiorno a tutti e buon mercoledì!
Senza perderci troppo in chiacchiere ci dedichiamo al tema di oggi, un topic davvero serio e piuttosto delicato. 
Mesi e mesi fa, sul web, mi sono imbattuta per caso in alcuni articoli sui problemi alimentari, e fra loro ho trovato una controversa affermazione: il veganismo stesso è classificabile come disturbo dell'alimentazione
Sono rimasta piuttosto perplessa, perciò ho proseguito con le ricerche, che mi hanno infine condotta a una patologia chiamata ortoressia, ovvero l'attenzione smisurata nei confronti del cibo

Chi è ortoressico può esserlo a vari livelli, da quelli più blandi e passeggeri a quelli più maniacali e ossessivi. Questi ultimi, soprattutto, possono portare a modificazioni comportamentali e sociali, impedendo di vivere serenamente i rapporti interpersonali con chi circonda il soggetto ortoressico. 
Le motivazioni dietro questo genere di psicopatologia possono essere diverse, si va dall'ossessione per le calorie ai fantasmi che minacciano l'autostima, ma le cause di ordine etico sono ugualmente considerate come fattore scatenante. Ed è questo il punto che ci interessa. 
Nell'occhio del ciclone, più che i vegetariani (che, come ho detto settimana scorsa, sono ormai socialmente accettabili), ci sono i vegani, i crudisti e i fruttariani, tutte correnti alimentari giudicate dai più "estreme". 

Non sarò io a negare che molti di noi (si, anche io), con gli anni, abbiano sviluppato una maggiore attenzione (forse talvolta troppo sentita) nei confronti del cibo e, soprattutto, degli ingredienti. Come ho scritto anche in diversi post passati, tra cui quello sulla paleodieta, al giorno d'oggi sembra che qualsiasi alimento faccia male, perciò ecco che periodicamente spunta una nuova corrente alimentare da seguire con zelo, pena vari problemi di salute. Ovviamente io sono sempre convinta che la verità stia nel mezzo, soprattutto perché i media si sono molto concentrati sulla questione "bio", e spesso hanno creato del vero "terrorismo alimentare" fra i meno esperti. 

Nonostante questo, però, sono assolutamente certa che vegani, crudisti e fruttariani non siano paragonabili neppure da lontano a chi soffre di seri disturbi alimentari, quali anoressia o bulimia. 
Le ragioni che stanno alla base sono molto diverse, non credo si possano mettere sullo stesso piatto della bilancia l'etica e il disagio nei confronti del cibo (sia esso sociale o personale). Non vedo punti di contatto. 
In secondo luogo, mi sembra che anche il modo di mangiare sia molto differente; forse è vero che, per esempio, chi è crudista si dedichi più attentamente alla scelta di cosa mangiare, ma non trovo che questa attenzione sia assimilabile a un'ossessione come quella sviluppata nei confronti delle calorie. Anzi, era stata proprio Alanis Morrisette (reduce da anni di disturbi alimentari) a sostenere come il crudismo vegan l'avesse salvata, perché le permetteva di concentrarsi maggiormente sui nutritivi piuttosto che sull'apporto calorico. 
Ripeto, non vedo punti di contatto fra chi è convinto che ingerire cibo sia una colpa imperdonabile (spesso rinunciandovi) e chi, invece, cerca di mangiare vegetali concentrando una più sentita cura nella scelta degli alimenti, per bilanciare la dieta in favore della propria salute.

Se poi vogliamo allargare il discorso, allora si sa che il mondo è pieno di ossessioni in qualsiasi ambito, il punto è che generalizzare non è mai una cosa edificante... almeno per quanto mi riguarda!

E voi come vedete la questione? Pensate che i vegan/crudisti/fruttariani abbiano problemi alimentari oppure che sia la solita esagerazione? Come inquadrate il fenomeno e chi ne parla? 

Alla prossima!

martedì 20 maggio 2014

Recensioni: frollini di frumento "La Via del Grano" by Probios

Buongiorno a tutti!
La recensione di oggi volevo scriverla già da un gran bel pezzo, perché riguarda un prodotto che sto consumando da mesi senza mai stancarmi e che voglio raccomandare a tutti: i frollini di frumento "La Via del Grano" della Probios.

Questa marca di biscotti è acquistabile solo presso i negozi biologici (io infatti li compro abitualmente da Biomì), anche se ho notato che il Naturasì dove vado/andavo in realtà ne è sprovvisto, pur avendo altri prodotti della stessa linea. 

Che dire di questi frollini? Sono e-c-c-e-z-i-o-n-a-l-i, non sto scherzando! Raramente sono così entusiasta in fatto di cibo, ma qua devo proprio sbilanciarmi, questi biscotti danno dipendenza
Tra gli ingredienti non figurano né latte, né burro, né uova, quindi sono adatti ai vegan, ma anche a chi è intollerante.
Sono a base di farina di frumento integrale e cruschello da frumento (quindi fonte di fibre), a conferirgli quel sapore magico che li rende irresistibili è senza dubbio lo zucchero di canna, non solo nell'impasto, ma anche sparso sulla superficie. Aggiungiamoci che vantano una croccantezza da record, perciò sono fantastici per il tè delle cinque, ma anche per l'inzuppo nel caffellatte la mattina (come piace a me)! 

Non è solo la composizione a rendere perfetti questi frollini, ma anche il minimo apporto calorico (33 calorie a biscottino) e il prezzo, molto diverso da quello di tutti gli altri biscotti di genere: appena 2,25 € a sacchetto, che per la cronaca contiene 300 gr di prodotto

Probios, comunque, non produce solo prodotti da forno, né tantomeno solo prodotti vegan, anzi, molti biscotti della linea "La Via del Grano" contano tra gli ingredienti le uova, il latte, oppure entrambi, ma anche in questi casi l'attenzione verso i celiaci è massima!
Vi lascio il sito dell'azienda, così potete dare un'occhiata ai loro prodotti e scoprire qual è il punto vendita più vicino a voi per acquistarli: www.probios.it

Anche oggi spero che la recensione vi sia stata d'aiuto,
alla prossima!

lunedì 19 maggio 2014

L'angolo delle proprietà: pomodori

Ciao a tutti!
Oggi parleremo di un ortaggio molto apprezzato soprattutto in estate, e soprattutto quando si parla di diete, calorie e affini. Abbiamo già avuto modo di tirarlo in ballo, pare infatti sia l'oggetto dell'inusuale Lycopersicoa fobia, il terrore dei pomodori
Come la storia ci insegna, i pomodori ci sono giunti dal Nuovo Mondo, poiché prima della scoperta dell'America erano ignoti al Vecchio Continente. 
Noi siamo abituati a chiamarli "pomodori", ma un mio insegnante a scuola disse che la forma plurale corretta è proprio quella che al nostro orecchio suona errata, "pomidoro", perché sono i "pomi" a essere tanti, non gli "ori". Comunque, il termine ha seguito il flusso della lingua volgare e ora possiamo affermare che pomodori è la versione più gettonata

I pomodori sono amati un po' in tutto il mondo, ma soprattutto sono grandi protagonisti della tavola italiana e, più in generale, della dieta mediterranea. Ricordo al gentile pubblico che, essendo "frutti" possono essere consumati da chi segue un regime alimentare fruttariano.

Il nome botanico della pianta è Solanum lycopersicum, e i suoi frutti, come ben sappiamo, sono di un rosso acceso, mentre dimensioni e forma cambiano in base alle varietà, anche se l'aspetto tondeggiante è quello più frequente. Il loro interno è sugoso e conta un gran numero di semini, responsabili della bizzarra fobia sopra citata.
Parlando di varietà vale la pena di citare quelle più comuni in cui ci imbattiamo quando andiamo al supermercato, giusto per avere in mente quante opportunità ci offra questo ortaggio in cucina: insalataro, ramato, pizzutello, ciliegino, perino, pachino, datterino, cuore di bue, sono solo alcune delle moltissime specie che vengono coltivate in tutto il mondo.
La regione più famosa per la coltivazione dei pomodori in Italia è la Campania, dalla quale proviene, tra le altre, la famosa tipologia San Marzano.

Parlando di proprietà, il pomodoro è un alimento indubbiamente molto salutare, rinomato soprattutto per il suo basso apporto calorico (17 calorie a frutto) che ben si appaia all'apporto vitaminico fornito. Le poche calorie derivano per lo più dall'altissima componente acquosa, che si aggira sul 94%. A renderlo interessante ci pensano le vitamine del gruppo B, la vitamina D e la vitamina E che, come sempre ricordo, costituiscono un vero toccasana per la pelle (svolgono azione antiossidante!). Buona anche la presenza di sali minerali quali ferro, zinco e selenio.
C'è da dire che, a causa della sua acidità, il pomodoro può spesso portare ad allergie e a dermatiti da contatto (soprattutto in zona labiale), perciò meglio prestare attenzione alle dosi e al succo rilasciato!

Per quanto concerne la cucina, l'ortaggio si dimostra particolarmente versatile, è infatti ottimo per la preparazione di salse e condimenti, ma anche come succo a sé stante o come salutare aggiunta a diversi tipi di centrifughe. Una forchettata di salute, insomma!

E a voi piacciono i pomodori, o ne avete paura? Come li cucinate?
Alla prossima!

venerdì 16 maggio 2014

Cosmesi cruelty free: alla conquista del "selvaggio" Est

Buongiorno a tutti e buon venerdì!
Ho infine deciso di provare per un certo periodo a scrivere di cosmesi cruelty free, talvolta parlando di prodotti e marche, talvolta parlando del mondo della bellezza sotto altri punti di vista. 

Come le più attente fra voi sapranno, dall'11 marzo 2013 la lunga battaglia in Europa per l'abolizione dei test sugli animali in campo cosmetico è terminata con una legge che ne vieta la pratica all'interno della Comunità Europea, sia per il prodotto finito, sia per i singoli ingredienti
Se questo fa tirare un sospiro di sollievo quando si parla di aziende che hanno sede in Europa e vendono nel proprio Paese, o in uno di quelli appartenenti alla UE, non si può certo abbassare la guardia quando si tratta di prodotti ad opera di multinazionali al di fuori del nostro continente. 

The Body Shop celebra l'abolizione dei test sugli animali
Al di là del "fattore Europa", c'è da sottolineare come molte aziende internazionali (soprattutto americane) in tempi recenti abbiano rivisto le proprie politiche aziendali contro l'animal testing per poter conquistare una delle fette di mercato che più fanno gola: la Cina

Negli anni le polemiche riguardanti i test cosmetici sugli animali sono cresciute, da una parte portando gli attivisti a veri e propri assalti ai laboratori coinvolti, dall'altra accendendo la volontà nei consumatori di tutto il mondo a boicottare quelle aziende invischiate in questa discutibile attività.
Proprio per evitare danni fisici ed economici, col passare del tempo, molte compagnie che prima praticavano i test sugli animali hanno via via abbandonato il loro modus operandi, diventando cruelty free. Altri marchi che invece sono sorti successivamente, invece, hanno pensato di risolvere il problema alla radice ed evitare i test sugli animali fin dagli albori

In America, così come in Europa prima della legge citata, negli ultimi anni i test sugli animali non sono mai stati categoricamente obbligatori, e se lo sono stati le cose allora sono cambiate; qualora un brand avesse avuto metodi alternativi da proporre, non sarebbe stato un problema metterli in pratica, purché affidabili e sicuri per i consumatori
In Cina le cose stanno diversamente, almeno fino al prossimo giugno. Per legge i test sugli animali sono una condizione imprescindibile: niente test, niente commercializzazione del prodotto, niente guadagno. 
Compagnie americane di spicco quali MAC o Urban Decay questo lo hanno sempre saputo, così come come sapevano che la Cina, con la sua estensione territoriale e la sua ancor più immensa popolazione, per fare affari è una gallina dalle uova d'oro
Per molti UD è ormai out
Cosa si sono inventate allora? Semplice, il cambio della policy: in madrepatria e nei Paesi che lo permettono restano cruelty free, in Cina i test si eseguono
Soprattutto Urban Decay, ai tempi, dedicò un intero comunicato sul suo sito ufficiale per giustificare questo il cambio di rotta, assicurando che i prodotti venduti in occidente non avrebbero seguito la stessa prassi. Ma può questo bastare? Per molti no, per altri si, la decisione finale resta comunque al compratore, è lui che deve fare i conti con la propria etica e col proprio portafogli (un po' come il caso L'Oreal e The Body Shop). 

La cosa che però fa stridere ancora di più la decisione presa dai marchi di cui sopra è che, invece, Lush ha sempre rifiutato di scendere a compromessi, mantenendo costante il suo impegno nei confronti degli animali e dei clienti. Potete leggere la loro risposta a questo link che, per chi non sa l'inglese, riassumo qua: "siamo consapevoli del grande potenziale che offre la Cina, per questo ci rincresce dover declinare proposte di espansione sul suo mercato. Al momento le procedure in Cina richiedono che i nostri prodotti vengano testati sugli animali, ma la nostra compagnia non testa, né lavora con altre aziende che commissionino test su animali. Dato che la nostra politica rappresenta un importante elemento chiave nel nostro business, non vogliamo comprometterlo, perciò non ci espanderemo in Cina fintanto che le leggi non saranno cambiate.

Pare che qualcosa, infine, si sia mosso anche in Cina: a partire da giugno 2014 verrà ufficialmente revocato l'obbligo dei test sugli animali sia in ambito cosmetico che alimentare, concedendo alle aziende la possibilità di scegliere fra il cruelty free e i metodi tradizionali. Forse il rigido governo cinese si è accorto che queste leggi stavano intaccando il mercato? Chi lo sa, intanto sembra essere un grande passo avanti e noi non possiamo che esserne felici... ovviamente tenendo sempre gli occhi aperti!

Voi cosa scegliereste? Vi accontentereste di una parziale innocenza o cerchereste il cruelty free al 100%? Per quel che mi riguarda non ho dubbi, le dimostrazioni di incoerenza mi fanno sempre dubitare dell'onestà di un brand, quindi, per quanto ami i prodotti MAC io non li comprerò più, leggi sì, leggi no. Meno addolorata per quelli Urban Decay: sono sempre stata allergica ai loro trucchi (e questo dimostra la grande utilità dei test...)! 

Fatemi sapere cosa ne pensate e, come sempre, alla prossima!

giovedì 15 maggio 2014

Un tuffo nella preistoria: la "paleodieta"

Rieccoci amici, oggi doppio post, eheh!
Ultimamente, e l'avevo scritto anche su Facebook, sono incappata in un nuovo tipo di alimentazione che mi era del tutto ignoto. Oddio, "nuovo" forse non è il termine più adeguato visto che questo regime alimentare ci fa tornare indietro di qualche milione di anni...

Si tratta della "paleodieta" (o "paleodieta recente"), spesso abbreviata solo in "paleo", che è venuta a bussare alla mia porta sotto forma di "like" su Instagram. 
Dopo l'apprezzamento lasciato a una delle mie foto "food" da parte di una ragazza, ho visitato il suo profilo e in esso la fanciulla sosteneva di cucinare "dolci paleo", ossia "senza farina, senza zucchero, senza lievito", con tanto di tag #paleo al seguito. Alché mi sono chiesta: e con cosa li fa? 
In seconda battuta ci ho pensato e mi sono detta che anche i dolci crudisti (o raw) seguono la stessa linea, perciò nessuna meraviglia. Invece no, sono tornata a rimuginarci e mi sono domandata: ma allora perché "paleo" e non "raw"? Il mistero continuava a infittirsi.


Mi sono fatta quindi un giro su Wikipedia e ho in effetti trovato la spiegazione che cercavo. Non che mi abbia lasciata granché felice, comunque... leggete qui:
"Secondo i propugnatori della paleodieta recente, la corretta alimentazione si dovrebbe basare su cibi che erano reperibili prima dello sviluppo delle tecniche agricole, cioè su prodotti di "selvaggina" di ogni tipo, specialmente midollo, cervella, frattaglie, sangue di mammiferi (la muscolatura, si sostiene, veniva consumata solo se non c'era altro), pesce, crostacei, rettili, vermi, bachi, insetti, uccelli, uova, bacche, frutti, miele, vegetali appena spuntati, radici, bulbi, noci, semi, eccetera."
Per farvela breve, la paleodieta recente vuole tornare alla dieta dell'uomo del Paleolitico, in quanto sostiene (e pare che sedicenti studi appoggino tale tesi) che l'agricoltura abbia rovinato la salute dell'uomo, in particolare legumi e cereali.
Non so voi, ma anche se non fossi veg* dubito verrei attratta da vermi, insetti e sangue, almeno ora che siamo nel 2014...
Un consiglio che mi verrebbe da dare a chi vuole seguire seriamente questo tipo di alimentazione è di trasferirsi altrove e cercare di unirsi a una tribù di Maori o Pigmei, perché credo che siano soprattutto queste popolazioni a cibarsi di ciò che viene riportato.

La mia domanda/riflessione è: non ci staremo spingendo un tantino troppo lontano?
Sembra che ogni giorno qualcuno si inventi una dieta diversa, prontamente appoggiata da studi (non sempre affidabili direi) che ne confermano/sfatano i risultati.
La carne fa male, le verdure fanno male, la cottura fa male, i cereali fanno male e i legumi fanno male. Senza lanciarmi nella solita filippica da veg* sulla carne etc, mi chiedo: possibile che faccia tutto male e si debba addirittura tornare ai tempi del Paleolitico per vivere meglio?

Scusate, oggi perdo la mia solita imparzialità e affermo senza pensarci troppo che questa dieta mi lascia decisamente perplessa! Più che altro perché penso che un abitante dell'Occidente civilizzato non riesca a cambiare la sua alimentazione allineandola di colpo a quella delle popolazioni tribali, lo trovo bizzarro, oltre che difficile a livello pratico.
Penso che il crudismo non si discosti molto, ma abbia più punti a suo favore.
Per saperne di più stavolta mi "lavo le mani" e vi invito a seguire il link a Wikipedia sopra riportato.

Apro un inciso, io dei cosiddetti "studi scientifici" non mi fido più ormai, del resto se esiste qualcuno capace di vivere e restare in salute mangiando per oltre 25 anni solo e soltanto pizza, allora probabilmente non ci sono più limiti o regole da rispettare... dove risiede la verità?
Attendo con ansia il giorno in cui arriveremo al "nientarismo", la nuova corrente alimentare che promette di vivere bene non mangiando niente: pratica, veloce e super economica! :D

Intanto che attendo (e forse non manca poi molto), come al solito...
Alla prossima!

Genitori veg* tra etica e polemiche

Buongiorno a tutti!
Il post del mercoledì è saltato perché mi sono dovuta dedicare ad altro tipo di attività scrittoria, ma non preoccupatevi, recuperiamo oggi (assieme al post del giovedì, che seguirà subito questo)! 
Il tema di questo articolo sarà molto delicato, perché vede in esame un argomento ben più rilevante della sola alimentazione, ossia la filosofia veg* applicata all'educazione (alimentare) dei propri figli

La questione è sempre stata molto spinosa, non neghiamolo. La maggioranza di noi veg* ha cambiato tipo di dieta durante la propria crescita, e sappiamo tutti quanto sia spesso arduo far capire alle nostre famiglie che no, non moriremo per questa scelta. C'è chi lo ha fatto a 10 anni, chi a 16, chi a 30, ovviamente prima è meglio è, ma la percentuale di chi è veg* dalla nascita è davvero esigua

L'educazione di un figlio, alimentare o meno che sia, è sempre molto importante, e lo saprete meglio di me voi che avete una famiglia. Essere genitori non è mai cosa facile, ma quando si è vegan le cose si possono complicare. Per la società essere "semplicemente" vegetariani è consentito, in qualche misura ci si sta abituando alla loro presenza, perciò lo scalpore sta lasciando il posto all'accettazione. Essere vegan desta ancora parecchie perplessità e polemiche, soprattutto quando ci sono figli di mezzo. 

Bisogna considerare molteplici fattori, tutti inerenti il tipo di "coppia", come per esempio onnivoro/vegetariano, vegetariano/vegan, vegan/vegan
Ovviamente l'obiettivo immagino sia sempre quello di venirsi incontro, ma è davvero così semplice?

Le coppie onnivoro/veg* verrebbe da pensare siano le più problematiche; per certi versi è vero, e nella maggior parte dei casi si trova un compromesso tra la filosofia onnivora e quella vegetariana/vegan, preferendo educare il proprio figlio a mangiare tutto (nelle giuste dosi), lasciandogli la libertà di prendere la sua decisione una volta cresciuto. 
Le divergenze, tuttavia, possono insorgere anche nelle coppie vegetariano/vegan, poiché, per quanto simili, queste due diete hanno punti di distacco molto forti
In entrambi questi casi, comunque, l'educazione alimentare della propria prole è qualcosa che si decide in privato, con il proprio partner. 

Diversi sono quei casi in cui interviene la legge a giudicare cosa dare da mangiare ai propri figli, come per questa madre vegan francese a cui i servizi sociali hanno tolto il bambino con la motivazione che fosse denutrito (da leggere: maltrattamento di minori). Il bambino effettivamente era sotto peso, in più non veniva sottoposto a tutte le vaccinazioni necessarie, bensì solo quelle obbligatorie. Ovviamente - e per fortuna - è un caso su mille, eppure negli ultimi anni di figli "sottratti" a coppie vegan ce ne sono stati altri.
Un po', lo ammetto, viene da pensare. Questa madre ha sbagliato qualcosa nella scelta degli alimenti per il suo bambino? O è stato un attacco gratuito e immotivato? 

Personalmente sulla vicenda non so bene come pensarla, l'unica cosa che posso dire è che dovrebbe essere d'obbligo usare la testa e il buon senso in tutte le cose che facciamo, a partire dall'alimentazione (come ho spesso precisato), a maggior ragione quando si parla di figli

Mi piacerebbe sentire l'opinione di chi è veg* e ha figli: come si è orientato, se ha avuto difficoltà, timori, etc. Oppure di chi è onnivoro e sta con un veg*, se avete mai parlato dell'argomento o meno. Ovviamente se qualche onnivoro vuole dire la sua, sempre in modo pacato ed educato, è ben accetto! :)

Intanto che ci pensate vi saluto, 
alla prossima!

martedì 13 maggio 2014

Recensioni: "Il Sorbetto TantaFrutta" by Santa Rosa

Buongiorno a tutti!
Anche questa settimana vi offro una recensione "dolce", del resto abbiamo parlato abbondantemente di gelato e quindi potevo mai mancare di proporvi qualcosa al riguardo? Certo che no!

Di gelati vegan in vendita ne esistono diversi, la maggior parte di loro si trova nei negozi biologici (e costicchia, ovviamente), ma posso capire che non tutti abbiano vicino qualche punto vendita del genere, quindi rimangono i canonici supermercati. 
I GDO, solitamente, propongono i prodotti Valsoia (che, a quanto ho letto, arrivano da Nestlé) e poco altro, anzi, diciamo pure che perfino i gelati alla frutta il più delle volte contengono latte o panna, quindi ciccia. 


Santa Rosa, la nota marca produttrice di passate e conserve alla frutta, ha lanciato da pochissimo sul mercato dei sorbetti favolosi, a base di acqua, confettura e pezzi di frutta. I gusti proposti sono diversi, si va dalla fragola agli agrumi, passando per lamponi, mirtilli, pesche e via dicendo.
Posso assicurarvi che il sapore è davvero ottimo, la consistenza non è quella "rigida" da sorbetto, anzi, è piuttosto vellutata e cremosa, inoltre la frutta si sente tutta, il che non è per niente male direi! 
Una scopertona, davvero!

Essendo prodotti nuovi, e quindi in fase di lancio (io li ho trovati in offerta a 2,59 € anziché a 3,40), saranno loro a decretare se la trovata potrà continuare a vivere o, al contrario, se dovrà essere abbattuta sul nascere (un po' come succede con gli episodi pilota delle serie tv), perciò vi consiglio di approfittarne ora! Non solo per il prezzo scontato, ma perché se le vendite non saranno soddisfacenti questi gelati tramonteranno così come sono sorti, e sarebbe un vero peccato perché li trovo seriamente validi. 
Per una volta che viene messo in commercio un prodotto interessante cerchiamo di sostenerlo, non remiamoci contro, eheh!

Anche per oggi ho terminato, il comandante vi saluta e vi augura un buon proseguimento di giornata, 
alla prossima!

lunedì 12 maggio 2014

L'angolo delle proprietà: carote

Buongiorno a tutti amici e amiche, come andiamo?
Anche oggi è lunedì e questo significa che torniamo a parlare dei cibi "verdi" e delle loro proprietà. 
In realtà di verde - inteso come colore - qua c'è n'è davvero poco, perché le protagoniste di oggi sono le carote, che con il loro arancione brillante donano sempre un po' di vivacità al nostro frigorifero e alle nostre ricette. Visto che stiamo andando incontro all'estate, la carota potrà risultare una buona compagna di merende per chiunque voglia abbronzarsi e il perché non è certo un mistero! 
Ma andiamo con ordine, come sempre :)
La carota è ormai considerata lo "stemma" dei vegetariani, se ci fate caso infatti sono moltissimi i ristoranti, i siti/blog e le ricette a schede che utilizzano questa radice e le sue cromie (il verde e l'arancione) come simbolo per veicolare il tipo di alimentazione cui ci si riferisce. 
Giusto per mettere i puntini sulle i, chi è fruttariano non mangia carote: esse sono infatti radici e, come ben sappiamo ormai, semi, germogli e radici sono banditi da questo tipo di dieta. 

La pianta della carota, più formalmente conosciuta come daucus carota, fa parte della famiglia delle Umbelliferae, chiamate così per via delle infiorescenze tipiche a forma di ombrello, le ombrelle
Cresce solitamente in zone assolate, sia sotto coltura che allo stato brado, come per esempio in zone rurali e nelle periferie di città, e talvolta può essere una pianta invasiva. Siamo abituati a riferirci alla carota considerando solo la sua radice: robusta, spessa e di colore arancione, è la parte comunemente commestibile di questa pianta. 
Quali sono i suoi benefici?

Beh, ce lo dicevano le nostre mamme, le nostre nonne e perfino le maestre a scuola: le carote fanno bene alla vista. Non è un luogo comune, né un falso mito da sfatare, le carote effettivamente contribuiscono a rafforzare la vista notturna e aiutano a prevenire la cataratta, in quanto ricchissime di beta-carotene, una sostanza che viene poi trasformata dall'organismo in vitamina A, utilissima alla retina
Il beta-carotene non fa bene soltanto alla vista, ma anche alla pelle, non solo perché poi diventa vitamina A, ma anche perché la aiuta ad abbronzarsi con minore fatica.
Una cosa molto interessante riguarda proprio questa sostanza: siamo tutti al corrente del fatto che è preferibile consumare la verdura cruda piuttosto che cotta per mantenerne inalterate le proprietà, in questo caso però una rapida cottura non solo è permessa, ma aiuta il beta-carotene ad agire meglio. Ricordatevi solo di bollire la carota tutta intera e per breve tempo, in questo modo il successo sarà assicurato. 

Oltre alla presenza del beta-carotene (e quindi di vitamina A), la carota è ricca di sali minerali quali rame, zinco, calcio, magnesio e perfino ferro, mentre altre vitamine presenti in buona quantità sono la vitamina E e la vitamina C
Grazie al suo bassissimo apporto calorico, questo ortaggio è uno degli alleati per eccellenza quando si parla di diete e costituisce uno snack gustoso e croccante se mangiato crudo. Un altro impiego che sicuramente ne esalta sapore e proprietà sono le centrifughe, soprattutto se abbinato al limone, che favorisce l'assorbimento della vitamina C in esso contenuta. 

In cosmesi l'olio di carota è popolare nella cura della pelle e dei capelli, grazie alle sue proprietà antiossidanti, rigeneranti ed emollienti che aiutano soprattutto le pelli secche e sensibili; non è un caso che proprio questo sia l'ingrediente chiave della famosa linea "Yes to" dedicata alle pelli problematiche!

Bene, anche per oggi è tutto, sperando che la vostra settimana sia iniziata al meglio vi dico...
alla prossima!

venerdì 9 maggio 2014

Cosmetici vegan: Bare Bones Body Care

Buongiorno e buon venerdì!
Con il post su Alanis Morissette di settimana scorsa ho momentaneamente chiuso il ciclo di articoli dedicati ai Veg* d'eccezione. A dir la verità non ho ancora ben chiaro a cosa dedicherò il venerdì, ma un'idea per il momento mi è venuta, ed è quella di dedicare il venerdì a noi fanciulle, parlando di cosmesi naturale e vegan.
In passato avevo già  scritto dell'argomento, in un vecchio articolo avevo infatti segnalato alcune marche bio - o con inci accettabile - "low cost" e facilmente reperibili, mentre non troppo tempo fa ho consigliato alcuni fondotinta naturali e cruelty free con i quali mi sono trovata (e mi trovo tuttora) bene. 

Di brand che ormai sviluppano formule il meno aggressive possibili per la pelle, e che non vengono neppure testate su animali, ormai ne è pieno il globo. Alcune sono più conosciute, altre lo sono meno, ma in generale l'impegno che mettono nel portare avanti la loro filosofia è encomiabile. Proprio perché la concorrenza è tanta, molte aziende hanno capito che a contare non è solo il prodotto in sé, ma anche il modo in cui esso viene proposto, a partire dal packaging per finire con i nomi e le descrizioni dei cosmetici venduti. Questo permette di avvicinare un pubblico piuttosto vasto e di portare avanti un mood giocoso, accattivante e che crea grandi aspettative!
Basti pensare al boom che ha avuto Lush con i suoi nomi eccentrici (es. "Mango per sogno", "Questione di peeling"), o a marchi italiani come Neve Cosmetics che ha seguito la stessa strada (es. i rossetti "Dessert per Labbra" come "Panna Cotta" o "Plum Cake"). 

A tal proposito casca a fagiuolo un marchio americano che ho scoperto da poco grazie a Instagram. E' ancora molto poco conosciuto ed è stato creato da una ragazza di nome Monica, di Los Angeles, che produce tutto nella sua cucina. Si tratta di Bare Bones Body Care e la cosa che mi ha istantaneamente attratta è stato il simpatico quanto insolito packaging dei prodotti! 
il piratesco logo del brand! :D
Sul sito ufficiale Monica spiega come Bare Bones Body Care sia nato dopo molti anni di esperienze negative con i cosmetici venduti sul mercato, spesso contenenti sostanze irritanti o troppo aggressive per la pelle. La ragazza, stufa di reazioni allergiche e sfoghi, ha quindi optato per la creazione "homemade" di prodotti che contenessero solo gli ingredienti necessari al proprio benessere, che fossero vegan e che non nuocessero né agli animali, né all'ambiente. Col tempo ha deciso di lanciarli sul mercato e pare che la cosa stia andando proprio bene!

uno sguardo sulla gamma prodotti! :D
Dal sito, cliccando su "Shop Collection" è possibile acquistare i burrocacao, il tonico, il detergente viso e la crema idratante. I prezzi sono assolutamente contenuti e si accettano ordini fuori dagli Stati Uniti, l'unica cosa è che potrebbe esserci il consueto problema della dogana, ma se siete abituate agli ordini d'oltreoceano allora sapete già quali rischi potreste affrontare! 

Fossi in voi una prova la farei, gli inci sono riportati cliccando sulle etichette dei prodotti e, nel caso in cui abbiate qualche domanda, Monica sarà lieta di rispondervi

Alla prossima! 

giovedì 8 maggio 2014

Il carretto passava e quell'uomo gridava "gelati!"

Ciao a tutti!
Oggi parliamo di un argomento molto leggero e molto... buono! 
Ormai l'estate si sta avvicinando (o meglio, si spera, il tempo non è mica troppo affidabile ultimamente) e la domanda retorica è obbligatoria: chi con il caldo non desidera refrigerarsi con un bel gelato? Anche se non posso sentire la vostra risposta, la immagino!
Del resto in Italia il gelato è un vero e proprio cult, non a caso è uno dei cibi per cui siamo molto amati anche all'estero, assieme alla pizza e alle lasagne.
Chi è vegetariano sicuramente non si pone alcun tipo di problema quando varca le soglie di una gelateria, ma chi è vegan (o chi è intollerante al lattosio) potrebbe riscontrare qualche difficoltà
Innanzitutto operiamo delle distinzioni: che differenza c'è fra le creme e i gusti alla frutta? 
La differenza risiede nella preparazione: le creme impiegano ingredienti quali latte, panna e uova, mentre i gusti alla frutta sono sostanzialmente sorbetti a base di acqua e - poco o zero - zucchero

Alla luce di ciò è facile comprendere come chi segue una dieta vegana non possa accedere a gusti quali cioccolato, tiramisù, crema, bacio e via discorrendo, mentre potrà apprezzare i sapori della fragola, dei frutti di bosco, della banana, del mango e di tanti altri deliziosi frutti. 
Attenzione però, non è detto che tutte le gelaterie seguano lo stesso procedimento per la preparazione del gelato alla frutta, per esempio mi è capitato di imbattermi in posti che usavano il latte invece dell'acqua, quindi, prima di lanciarvi nelle ordinazioni, vi consiglio di chiedere sempre al gelataio quale delle due alternative abbiano scelto. 
Un ulteriore avvertimento riguarda il gusto al cocco: ho notato come tutte le gelaterie in cui sono stata lo producano con il latte e non con l'acqua, quindi occhio. 

Come ho osservato a proposito di altri argomenti, pare che le cose stiano cambiando, e questa volta non parlo dei supermercati, ma delle gelaterie stesse! Sempre più spesso mi capita di trovare accanto ai gusti classici anche le alternative alla soia (bianca, al cioccolato, al pistacchio...), come anche quelle al riso. Ma siamo onesti, dobbiamo ringraziare gli intolleranti al lattosio e al glutine per questo, senza di loro probabilmente nessuno si sforzerebbe di produrre alternative "gelatose" vegan, siamo onesti :) 
Al di là di veganismo e intolleranze, mi preme sottolineare come il gelato alla frutta si dimostri comunque la scelta più sana, meno calorica e meno zuccherina, proprio grazie alla sua composizione. Perciò se siete a dieta... ecco su cosa dovrebbe ricadere la vostra scelta, eheh! 

il mio vegan gelato di banana con frutti rossi!
Finisco l'articolo con una chicca, anche se forse alla maggioranza di voi suonerà come la scoperta dell'acqua calda: il gelato vegan a base di banana
Si, per chi non lo sapesse il gelato più naturale del mondo lo conserviamo inconsapevolmente nel nostro frigo, si tratta della banana. Non ci credete? Allora provate così: prendete una banana, tagliatela a pezzi e mettetela in congelatore dalla mattina per la sera, o dalla sera prima per il giorno dopo, insomma, lasciatela congelare. Armatevi di un tritatutto/frullatore (non a immersione, mi raccomando!) e frullate la banana ormai congelata. Quello che otterrete sarà un vero e proprio gelato, che potrete lasciare al naturale oppure aromatizzare (durante la frullata) con cacao in polvere, frutti rossi, caffè e chi più ne ha più ne metta. 

100% buono, 100% cruelty free, 100% sano. Provare per credere!

Alla prossima!

mercoledì 7 maggio 2014

Veg* in Italia: molti sì, ma che fatica!

Ciao a tutti e ben ritrovati!
L'articolo di oggi si tuffa senza troppi complimenti nella realtà Italiana, quella che ogni giorno i vegetariani e i vegani si trovano a dover affrontare, volenti o nolenti.
Si sa, quando si sceglie di abbandonare carne, pesce, latte, uova e tutto ciò che tocchi il mondo animale sono sempre tante le criticità con cui ci si viene a misurare: i giudizi della famiglia e degli amici, le preoccupazioni del medico, le polemiche con chi la pensa diversamente, ma soprattutto l'incredibile difficoltà del dover mangiare fuori

Come? Ma l'Italia non è il Paese del buon cibo, quello che tutti nel mondo adorano per la sua cucina? 
Esatto. E allora qual è l'ingranaggio che blocca la ruota? Cerchiamo di capirci qualcosa. 

Quando si mangia fuori, che si tratti di colazione, pranzo, cena o aperitivo, chi è veg* si trova spessissimo alle strette, arrivando perfino a privarsi del pasto del caso per mancanza di alternative. 
Questa è la mia personale esperienza, ma sono sicura che sia anche quella di moltissimi fra voi che mi leggete. 
Alla luce di ciò rimarrete sconvolti nell'apprendere che l'Italia è lo Stato con la più alta concentrazione di vegetariani dopo l'India, la nazione veg* per eccellenza. E' proprio così, lo hanno messo in evidenza recenti statistiche, in base alle quali sarebbe circa il 10% della nostra popolazione a preferire una dieta vegetariana anziché onnivora. 

La domanda sorge spontanea: se questi dati sono corretti e in Italia effettivamente i vegetariani costituiscono una fetta abbastanza consistente della clientela di bar e ristoranti, perché non si presta un'attenzione diversa verso i menu proposti? Chiariamoci, nessuno dice che la carne o il pesce debbano sparire dalle cucine dei ristoranti, però che siano introdotte alternative valide per chi segue una dieta differente non penso penalizzi nessuno.  
Qualcuno potrebbe ribattere - come mi è capitato - "è una scelta personale", a voler sottintendere che una persona che non mangia carne e pesce non ha diritto di lamentarsi se non trova nulla da ordinare, perché la rinuncia non viene dettata da motivi di salute o religiosi, ma da altri fattori giudicati più "futili"
Visto che non ci piace considerare l'etica come una ragione seria, vorrei rispondere a questa obiezione con una spiegazione più "terra terra", chiamando in causa i soldi: il portafogli dei vegetariani e dei vegani è uguale a quello degli onnivori, perciò un cliente insoddisfatto è un cliente che non paga e che, soprattutto, non torna, quindi un guadagno perso. Perciò dico ai ristoratori e agli chef: ci sta che i veg* non vi siano simpatici, ma visti i tempi di crisi è meglio adattarsi per guadagnare, non remarsi contro... giusto? ;) 
Del resto nei pragmatici Paesi del nord Europa (ma anche negli USA o in Australia) questa strategia del voler accontentare tutti avviene già da molto, non sarebbe il caso di iniziare a svecchiare le nostre abitudini

La verità è che sovente i ristoratori vanno in panico quando qualcuno dichiara di non mangiare carne, pesce o formaggio, ma non ne capisco il motivo. La carne è diventata la protagonista di ogni piatto italiano soprattutto nel dopoguerra, a seguito di una certa ripresa economica che ne ha reso possibile l'acquisto. Prima si ricorreva ai cereali e ai legumi e non è un caso che il 90% dei piatti della tradizione italiana regionale siano a base di ingredienti poveri e di certo non ricercati, così come il modo in cui vengono abbinati (parliamo di polenta, pane, pomodoro e cipolla, pasta e ceci, la farinata, etc). 

Ultimamente è stata avanzata la proposta di legge che prevede l'introduzione di un'alternativa vegetariana in mense, ristoranti, bar e qualsiasi luogo in cui si debba pasteggiare pubblicamente, ce la faremo a farla diventare realtà? Nel mentre che aspettiamo rifugiamoci in quegli sporadici ristoranti di genere in cui, ahimé, i prezzi non sono sempre alla mano, ma dove, se non altro, andiamo di certo sul sicuro!

E voi, come vedete la questione? Preferireste più "ristoranti veg" o più ristoranti "normali" che introducano alternative valide nei loro menu? Secondo voi da cosa dipende questa scarsa propensione a venire incontro ai "clienti verdi"?

Alla prossima!

martedì 6 maggio 2014

Recensioni: caramelle gelées by Yoga

Buongiorno signori e signore, ben tornati/e! 
La recensione di oggi è più "futile" delle altre perché non è dedicata a chissà quale prodotto necessario, sano o alternativo, ma semplicemente a quello che in inglese è chiamato "treat", ovvero una "coccola" dolce: le caramelle gelées di Yoga

Tutti conosciamo Yoga, la marca storica che produce da sempre succhi e passate di frutta di ogni tipo; ebbene, il brand si è voluto lanciare in un progetto attinente alla loro attività principale - cioè i succhi - ma più sfizioso, le gelatine di frutta. 
Ci tengo a precisare che non è direttamente Yoga a produrre queste caramelle, bensì una ditta italiana chiamata Indaco Candy (www.indacocandy.com), che si occupa anche dei prodotti Oasis. 

A parte ciò, vi chiederete: embé, sono caramelle, a noi che interessa? 
Interessa perché, solitamente, tutte le caramelle gelatinose in commercio nei grandi GDO sono a base di gelatina animale, il che, oltre a non essere veg*, non è nemmeno particolarmente salutare (so che ci sono mamme che non amano servire gelatina suina ai propri bambini). Chi non ha quindi un negozio biologico nei paraggi e non vuole comprare questo tipo di prodotti, non ha grandi alternative: o ci rinuncia o passa al fai da te, il che non è sempre facile. 

Le caramelle Yoga utilizzano come gelificante la pectina, la stessa sostanza impiegata nella produzione di confetture e marmellate, quindi ottima! Non contengono aromi artificiali, né coloranti, inoltre il gusto è molto buono con il 25% di succo di frutta... una vera gioia per il palato!
Potete trovarle in tre gusti differenti: Agrumeto (pompelmo rosa, arancia e limone), Granbosco (il mio preferito, mora, fragola e mirtillo) e Granfrutti (pesca, mela e pera); ogni sacchetto contiene 125 gr di prodotto per un costo di 1,48 € ciascuno
Della stessa linea esistono anche le caramelle gommose, ma non le ho mai trovate al supermercato, quindi non so dirvi come siano e se siano prodotte con gli stessi ingredienti. 

Ad ogni modo, spero che questa recensione sia stata utile a tutti quei golosi che come me non riescono proprio a fare a meno di concedersi qualche piccolo vizio zuccherino ogni tanto!

Alla prossima!