L’uva non ha solo un valore di tutto rispetto dal punto di vista alimentare, ma riveste una certa importanza anche da quello storico e culturale. E’ stata per lungo tempo una pianta venerata e celebrata nell’antichità: la faceva da padrona durante i riti ed era sacra al dio Dioniso/Bacco. Questo la rendeva una vera e propria star, soprattutto per il prezioso liquido che poteva derivare dalla spremitura dei suoi acini: il vino. Andiamo con ordine!
L’uva, che è il frutto della vite (vitis vinifera), è distinta principalmente in due tronconi: le uve nere (o rosate) e quelle bianche, da cui poi, naturalmente, derivano anche i due tipi di vino che tutti conosciamo. Ce ne sono di tante varietà, tra le più “particolari” troviamo l’uva fragola, che porta con sé un delizioso alone di sottobosco, e l’uva passa, che ci giunge da quelle uve senza semi (e quindi meno odiose da mangiare) adatte al processo dell’essiccazione.
Composta in gran prevalenza da acqua, quello che non è acqua è zucchero (glucosio), ed è per questo che come frutto viene sconsigliato sia a chi soffre di diabete, sia a chi ha problemi di peso, che si parli di vera e propria obesità o semplicemente del controllo di qualche chilo di troppo. Nonostante la presenza zuccherina, l’uva rimane un frutto prettamente ipocalorico e, se da una parte questo zucchero può ledere la forma di chi è a dieta, dall’altra risulta un ottimo carburante per il cervello (in particolare per i bambini e gli anziani).
Per quanto concerne le vitamine, l’uva racchiude nei suoi acini vitamina A, B e perfino C, nonché una consistente presenza di polifenoli, potassio e fosforo. Altre utilità del nostro frutto settembrino sono la sua funzione detossinante e fluidificante del sangue, ragion per cui è famosa la leggenda secondo la quale un buon bicchiere di vino (preferibilmente rosso) al dì faccia bene al cuore.
Pare inoltre che l’uva possa essere d’aiuto nella lotta al colesterolo cattivo e perfino al cancro. Insomma, un piccolo fenomeno!